ENRICO CAMANZI
Editoriale e Commento

Fusione a freddo

Brescia e FeralpiSalò unite per salvare il calcio professionistico nella città della Leonessa. Tutti contenti? Insomma...

Una delle proteste organizzate dagli ultras del Brescia in questa primavera difficile per le Rondinelle

Una delle proteste organizzate dagli ultras del Brescia in questa primavera difficile per le Rondinelle

Parliamo di calcio, la cosa più importante fra le meno importanti (copyright Arrigo Sacchi, un’autorità in materia). E parliamo di ultras, argomento scomodo dato che i tifosi delle curve sono considerati – non lo diciamo noi, lo diceva Valerio Marchi, studioso delle sottoculture fra i più stimati – il paradigma del “capro espiatorio” adatto per qualsiasi problema sociale affligga la collettività. Tanto più adesso, in un periodo in cui le curve di Inter e Milan sono finite nell’occhio del ciclone in seguito a indagini e sentenze di primo grado riguardanti i loro esponenti di spicco (a margine sarebbe opportuno chiedersi se è giusto che eventuali responsabilità di singoli possano diventare uno stigma per interi gruppi di ragazze e ragazzi...).

Il lungo preambolo è per dare conto dell’opposizione degli ultras del Brescia e di quelli della FeralpiSalò alla fusione in vitro fra i due club che dovrebbe consentire di conservare il calcio professionistico nella città della Leonessa. Pensate, entrambe le fazioni sono contrarie a un piano che permetterebbe di continuare a frequentare palcoscenici – più o meno – prestigiosi, al prezzo di un annacquamento dell’identità dell’una squadra (il Brescia) e della virtuale sparizione dell’altra (la FeralpiSalò). “Bestie” strane, gli ultras: passione, tradizione e simboli (la maglia e i colori sociali) contano di più della permanenza nel pallone che conta. Brutti, sporchi e cattivi. Vero. Ma per una volta proviamo ad ascoltarli.