Milano – Potrebbe estendersi anche ad altre piattaforme di intermediazioni e, su Airbnb, l’estensione dell’inchiesta potrebbe riguardare l’anno scorso, quest’anno, e gli effetti sulle dichiarazioni dei redditi. Si allarga quindi l’indagine della Procura di Milano su Airbnb Ireland Unlimited Company che ha portato al sequestro di oltre 779 milioni di euro, cifra pari al calcolo del mancato pagamento della cedolare secca su quasi 4 miliardi di euro di canoni corrisposti per gli affitti brevi tra il 2019 e il 2021.
L’indagine, come spiegano gli inquirenti della Procura, nasce da un controllo sui bilanci italiani della società, già scorporati dagli host cosiddetti “professionisti” che in autonomia pagano la cedolare secca al 21%. Proprio controllando i bilanci, nelle carte dell’inchiesta gli investigatori hanno trovato traccia di una conversazione in cui i vertici Airbnb sottolineavano l’importanza di risparmiare sulla cedolare secca per poterla spuntare sulla concorrenza. Ora il prossimo passo della Procura è ancora nella direzione dei controlli più appronfonditi.
Che linea intende seguire, invece, la società? Saldare il conto con il fisco italiano o andare avanti con il braccio di ferro, con anche un ricorso al Riesame, nella convinzione che non le competa l’onere del versamento della ritenuta del 21%? All’indomani della notifica del provvedimento da parte della Gdf all’avvocato Fabio Cagnola, nominato dalla costola irlandese del colosso Usa che offre la piattaforma per affittare appartamenti e ville in tutto il mondo, sono cominciate un giro di call e riunioni per capire quale strategia adottare.
Secondo gli approfondimenti effettuati dalle Fiamme gialle seguiti a una verifica fiscale e all’ipotesi dei pm Cristiana Roveda, Giancarla Serafini e Giovanni Polizzi, Airbnb ha un ruolo di "sostituto di imposta" e quindi è tenuto a saldare i conti con il fisco al posto dei proprietari degli immobili, gli host. Ruolo certificato pure dalla Corte di Giustizia dell’Ue e dal Consiglio di Stato ma che il gruppo, nonostante i giudici europei e italiani gli abbiano dato torto, finora non ha riconosciuto. Da quanto si è saputo, comunque, ha assicurato collaborazione per l’esecuzione del provvedimento di sequestro preventivo firmato dal gip Angela Minerva e avrebbe manifestato l’intenzione di fornire le indicazioni su quali "forzieri" esteri rintracciare la somma “monstre” che per l’accusa avrebbe evaso.
«Airbnb Ireland ha in corso una discussione con l’Agenzia delle Entrate dal giugno 2023 per risolvere questa questione – è la posizione della piattaforma –. Siamo sorpresi e amareggiati dall’azione annunciata dal procuratore. Siamo fiduciosi di aver agito nel pieno rispetto della legge e intendiamo esercitare i nostri diritti in merito alla vicenda". Una stringata nota che conferma il dialogo ancora in corso con l’Agenzia delle Entrate, che potrebbe portare in futuro a un accordo per definire il contenzioso almeno sul piano tributario. Lo stesso percorso seguito da altri colossi del web, da Google a Netflix, che sono a scesi a patti pagando e chiudendo i conti con la giustizia anche sul fronte penale.
Intanto la notizia del maxi-sequestro è rimbalzata sui gruppi Facebook che riuniscono gli host. "Io pago regolarmente le tasse – è uno degli interventi – non siamo evasori fiscali". Stando alla verifica della Gdf, fatta propria da Procura e gip di Milano, solo su alcuni host il colosso americano non dovrebbe applicare la cedolare secca: in particolare, per "i canoni incassati per soggiorni superiori ai 30 giorni", per gli importi relativi a locatori titolari di partita Iva "per soggiorni inferiori ai 30 giorni" e, infine, sui canoni degli host con più di 4 appartamenti, ma solo per il 2021. In pratica, stando al decreto del giudice e alla giurisprudenza, solo a queste categorie di host non si applica l’imposta.
La posta in gioco è riassunta dai numeri. Solo a Milano, dagli ultimi dati AirDna, il giro d’affari degli affitti brevi è di circa 30 milioni di euro al mese, senza considerare l’indotto. Su Airbnb sono messi in affitto, in città, oltre 21mila appartamenti e stanze. A livello nazionale oltre 400mila annunci, dai “buchi” nelle città d’arte alle ville di lusso in campagna.