
MANUTENZIONE Tecnici in un centro di distribuzione gas
Milano, 2 aprile 2016 - Trenta giorni per decidere il futuro del gruppo Aeb-Gelsia. I soci della multiutility brianzola, che tra gas, energia elettrica, riscaldamento, rifiuti e farmacie, serve circa duecentomila famiglie tra le province di Monza, Milano e Como, per un fatturato di 250 milioni di euro, sono stati posti davanti a un bivio dal consiglio d’amministrazione. Per crescere di dimensione, fungendo da calamita per le piccole partecipate del territorio, e non incappare nel diktat del decreto Madia, che impone le aggregazioni a chi non abbia sufficiente peso specifico, la municipalizzata ha davanti due strade: la quotazione in Borsa o le nozze con un gruppo di pari livello.
Ascopiave è il nome più quotato nei corridoi del quartier generale di via Palestro, a Seregno. «Ma non è l’unico – spiega il presidente della società, Alessandro Boneschi -. Ci sono anche altre realtà, anche in Lombardia». La parola ora passa ai soci del gruppo: in primis, il Comune di Seregno, che ha il 71% delle quote della holding, che a sua volta, con il 77% della partecipazione, controlla Gelsia (di cui sono azionisti anche il Comune di Cesano Maderno, attraverso Assp spa, quello di Desio, con Gestione servizi, e altre otto cittadine brianzole). Le due opzioni non sono le uniche al vaglio, perché durante il vertice di giovedì è stata indicata una terza via: la cessione di una quota del gruppo, nell’ordine del 20%-30%. Ci sarebbero già gli acquirenti.
La linea dell’esecutivo Boneschi però va in tutt’altra direzione: per una società che ha una posizione finanziaria netta pari a 31 milioni di euro, il ruolo in campo è quello dell’attaccante. Non raccogliere solo capitale, ma fare aggregazioni mirate per consolidare il mercato e salire di girone. Da qui la doppia indicazione. Da un lato la Borsa: «la quotazione – spiega il presidente – ci farebbe uscire dai vincoli del decreto Madia, che impone le grandi concentrazioni». L’alternativa è un’alleanza, ma con «un’azienda di pari livello», avverte Boneschi. Ascopiave, già quotata, è una dei candidati: la società trevigiana vende gas ed elettricità a 1,5 milioni di clienti tra Veneto, Friuli, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna e Piemonte. Le nozze, quindi, non provocherebbero sulla carta sovrapposizioni nei territori serviti, ma un’integrazione. Entra nel vivo, di fatto, il risiko delle multiutility a cui ha dato il "la" A2a, partecipata dai Comuni di Milano e Brescia, con l’acquisizione del 51% di Linea group holding. E se ai vertici di Aeb escludono una vendita di quote ad A2a che, avendo anche una partecipazione del 23% in Acsm-Agam (di cui sono soci Monza e Como), è vicina di casa, il 47% dei soci di Cogeme (soci di Lgh) scalpita per la vendita al gruppo guidato dal presidente Giovanni Valotti. «Non pensiamo solo di impugnare la nomina del consiglio d’amministrazione, ma stiamo valutando un’azione di responsabilità», spiega Tiziano Belotti, sindaco di uno dei Comuni soci, Rovato. Nel mirino c’è il minor prezzo strappato nella trattativa A2a-Lgh, da 125 milioni di euro a 113 milioni. «Per Rovato sono 700-800mila euro in meno», lamenta il primo cittadino: «Difendo l’operazione dal punto di vista industriale, ma voglio spiegazioni dal cda».