DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Sergio Múñiz cuore scatenato a teatro: "La popolarità in Tv non basta"

L’ultima commedia scritta e diretta da Diego Ruiz, da stasera al 5 febbraio ospite del San Babila. Protagonista il bel Sergio Múñiz

Sergio Muniz

Milano, 31 gennaio 2017 - Il titolo ricorda certe telenovele: “Cuori scatenati”. E già ci si aspetta complicati intrecci e colpi di scena. Ma in realtà qui siamo nel più misurato ambiente teatrale. Per l’ultima commedia scritta e diretta da Diego Ruiz, da stasera al 5 febbraio ospite del San Babila. Protagonista il bel Sergio Múñiz, vincitore della seconda edizione de “L’isola dei famosi” (era il 2004). Una di quelle cose che ti marchia indelebilmente. Con lui sul palco Francesca Nunzi, lo stesso Ruiz e Maria Lauria, a raccontare di una coppia scoppiata che s’incontra per un’ultima notte di passione. Prima di firmare il divorzio. Ché la gente è strana. E gli imprevisti se li cerca.

Múñiz, perché vedere “Cuori scatenati”? «Perché è una commedia nata per far ridere e scritta magistralmente. Non lanciamo nessuna morale, sul palco vogliamo solo far divertire, senza provocazioni o volgarità. E ho l’impressione che la gente si riveda in queste situazioni, per quanto spinte all’eccesso. Si scopre quanto possiamo essere stupidi».

La sua popolarità in tv porta pubblico a teatro? «Lo spero. Provengo da realtà dove non c’è una grande serietà professionale e quindi te la devi guadagnare in altri modi. Io da tempo ho scelto il teatro. A me sembra un’idiozia pagare un biglietto solo perché uno è uscito dalla tv, però magari succede. È invece fondamentale il passaparola, se non funzioni non vai avanti. E per fortuna sta andando bene».

Le sembra di dover sempre dimostrare qualcosa? «Assolutamente sì. Le etichette sono dure a morire. Ma ora sono responsabile di me stesso e del mio lavoro, nulla mi è dovuto. Ho fatto la scelta che pensavo fosse migliore per un attore, anche se all’epoca era la più difficile. Non ho avuto scorciatoie tranne una, che sto ancora pagando».

Incontri importanti? «Tutti. È un mestiere di continua osservazione e studio, onesto, dove cresci piano piano rubando da chi ha più esperienza. Mi vengono in mente Anna Galiena, Marina Massironi, Chiara Noschese o Ivana Monti, grande attrice strehleriana che si comporta come l’ultima arrivata, sempre umile, in ascolto. Mi ha insegnato tantissimo».

Múñiz, sono tutte donne... «Ma è un caso! Potrei fare molti altri nomi, a ognuno devo tanto».

I momenti più difficili? «Le vere difficoltà possono essere col gruppo. Si passano tanti mesi insieme e purtroppo a volte si creano attriti che trasformano una cosa bellissima in un incubo. Ma non le farò mai i nomi…».

Cosa le piacerebbe nei prossimi mesi? «Vorrei sviluppare un progetto di documentari cui tengo molto. E poi partecipare a qualche film di genere, magari di fantascienza di cui sono un appassionato. Il successo di Jeeg ha dimostrato che può funzionare».

La tv? «La tv decide lei quando chiamarti. Io ho avuto il mio momento di popolarità, ora tocca a qualcun altro. E poi con il mio accento non posso nemmeno interpretare uno dei tanti poliziotti e mafiosi che si vedono in giro».

Insomma, meglio il teatro. «Decisamente!».