
Il libro de Il Giorno di Gennaro Malgieri
Dopo la marcia su Roma e la presa del potere da parte di Mussolini, il fascismo fu costretto a fare i conti con la nobiltà romana, l’aristocrazia papalina e monarchica che al mattino si ritrovava in Vaticano e la sera si scopriva savoiarda. L’incontro tra i parvenu e gli eredi di una tradizione plurisecolare non fu tra i più facili. I primi un po’ restarono sconcertati dagli usi ed i costumi dei secondi, mentre questi, con quell’indifferenza tipica di chi ne ha viste tante, non si lasciarono travolgere dalle “camicie nere”. I capi non furono mai completamente accettati nei salotti che contavano, almeno fino a quando il movimento non divenne regime e più per opportunismo che per convinzione gli aristocratici romani mostrarono una maggiore accondiscendenza nei loro confronti. Intendevano sfruttare amicizie altolocate al fine di salvaguardare blasoni e privilegi, mentre Mussolini ed i suoi non avevano alcun interesse a metterseli contro e spesso li blandivano e li usavano. Una storia antica che si ripeteva, per i discendenti di antiche casate. Una storia nuova che mai avrebbero pensato di vivere coloro i quali solo pochi anni prima volevano farla finita con la monarchia, la nobiltà e perfino la religione. Ma chi poteva resistere al fascino di un titolo o agli occhi di fanciulle in fiore bene educate e tuttavia non sempre aliene da concedere i loro favori al potente di turno? Dalle sciarpe littorie agli abiti ben tagliati il passo fu breve. Neppure Mussolini ne fu immune, al punto di accettare che un diplomatico giovane ed ambizioso si prendesse cura del suo abbigliamento, mentre all’esclusivo Circolo dell’Acquasanta, il conte Galeazzo Ciano, genero del Duce, tra una partita di golf e l’altra faceva strage di cuori. Due mondi paralleli, quello fascista e quello dell’aristocrazia romana, s’incontrarono dando luogo a gustosi minuetti di costumi che un grande narratore di vicende romane, Fabrizio Sarazani, s’incaricò negli anni Settanta di metter insieme sul settimanale “Il Borghese”. Quella inchiesta a futura memoria, dopo la scomparsa da molti anni di quasi tutti i protagonisti della stagione storica rievocata, è stata rimessa insieme da Francesco Perfetti in un delizioso volumetto della collana “Il salotto di Clio”, per le edizioni Le Lettere. Sarazani, autore tra l’altro di un’imponente biografia di Sisto V, “Il Papa tosto”, conoscitore di fatti e personaggi offre uno spaccato della nuova corte che si andava formando all’ombra della diarchia e nel disinteresse del re (preferiva Villa Ada ai saloni del Quirinale), descrivendolo con gusto raffinatissimo e stile godibile ed elegante. Non si attarda sui gossip, ma tira fuori ritrattini che più di corposi saggi sociologici ci fanno capire cos’era Roma in camicia nera e soprattutto le donne altolocate e gli uomini più o meno ambiziosi come seppero seguire il vento nuovo che soppiantò il tradizionale ponentino. FABRIZIO SARAZANI, Alla corte del Duce. L’aristocrazia romana e il fascismo, Le Lettere.