DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Intramontabili Sisters of Mercy: romantiche tenebre al Castello

La band di Andrew Eldritch, simbolo del goth rock da quasi mezzo secolo, live nel Cortile delle Armi

Andrew Eldritch (al centro) con i musicisti Ben Christo e Kai Saranno lunedì al Castello Sforzesco

Andrew Eldritch (al centro) con i musicisti Ben Christo e Kai Saranno lunedì al Castello Sforzesco

Milano – Alla fine sono solo due le “sorelle della misericordia“ presenti fin dai lontani esordi, quasi mezzo secolo fa: Andrew Eldritch e Doktor Avalanche. E considerando che quest’ultimo non è altro che il nome affibbiato alla drum machine, si capisce che ormai i Sisters of Mercy sono a tutti gli effetti l’emanazione del loro autore, cantante e fondatore. Guru assoluto del goth rock nonostante ne abbia più volte preso le distanze. Non senza un certo stile: "È deprimente vedere tanta gente - affermò qualche tempo fa - tutta seria, con dei vestiti schifosi anni ’70 che indossammo per una settimana nell’84 perché strafatti di droghe ci sembrò divertente". Amen. Peccato che poi il total black la faccia sempre da padrona. In platea come sul palco.

E per quanto si sentano forse un po’ stretti nel genere, ogni goccia di sudore dei Sisters of Mercy racconta di sonorità scure, romanticamente decadenti, ombrose. Quindi meglio spulciare nel proprio armadio per adeguarsi al dress code. E poi fare un salto al Castello, Cortile delle Armi. Dove lunedì sera arriva la band britannica. A conferma del notevole eclettismo dell’estate sforzesca. Data unica in Italia. Ma si parla di un pezzo di storia. Considerando che Andrew Eldritch è in giro dal 1980, anno in cui fondò il gruppo insieme all’amico chitarrista Gary Marx. Qualche prova, un paio di esibizioni. E poi subito la scelta di affidarsi a una batteria elettronica, in modo che Andrew fosse libero di concentrarsi sul lavoro di vocalist.  

Figura carismatica, figlio di due diplomatici inglesi, a maggio ha compiuto 66 primavere ma pazienza: i ragazzi gotici non invecchiano mai veramente. Come non invecchia la furia iconica di quel suo vocione basso basso, a raggiungere il fondo di chissà quale abisso. Mentre canta di sé stesso, lontano dai cliché tematici del genere. Scrittura intima. Colta. Spesso ispirata a T. S. Eliott, Shakespeare, Philip K. Dick. Supportata sul palco anche dai musicisti Ben Christo e Kai, che ormai da tempo seguono Eldritch nei live. I concerti infatti non si sono mai fermati. A differenza dell’attività in studio, interrotta addirittura nel 1994 a causa di un furibondo litigio con la Time Warner. Da allora nessun disco, solo raccolte e riedizioni. Anche se dal vivo si sentono spesso brani nuovi. Così come le celebri cover che omaggiano i Velvet Underground, gli Stooges, i Rolling Stones. Quella meraviglia di “Ghostrider“ dei Suicide.

Per il resto repertorio profondamente anni 80. Grazie ai tre storici album della band: "First and Last and Always", "Floodland" (con l’amatissima "Lucretia my Reflection"), "Vision Thing". E poi lei: "Temple of Love", la canzone del grande successo commerciale per i Sisters of Mercy. Che piaceva già nel 1983 ma divenne un fenomeno internazionale un decennio dopo, quando venne ripubblicata in una nuova versione impreziosita dalla presenza di Ofra Haza. E lei sì che se ne è andata troppo in fretta. "In the temple of love, shine like thunder…". Gotici o meno, ci siamo cresciuti insieme. Cult.