
Dopo una lunga gavetta tra estero e Italia, la pausa sabbatica e il windsurf sul lago, l’amore per la cucina. E il talento che l’ha portato alla guida del Nin, ristorante affacciato sul Garda (davvero) a chilometro zero.
Nato nel 1998 a Torbole sul Garda, Andrea De Lillo è il nuovo chef alla guida del Nin, ristorante di Brenzone sul Garda, sponda veronese del Lago, inaugurato nel 2023 da Terry Giacomello, che con la sua cucina molecolare qui ha conquistato una stella Michelin. Un’eredità prestigiosa che a cui il giovane chef è giunto solo dopo aver cercato la sua strada lontano dalla terra d’origine, tra momenti di dubbio, cambi di rotta e qualche delusione che col tempo si è rivelata provvidenziale. "Amo il rigore e la precisione. Per questo all’inizio volevo fare il pasticcere". Preciso di natura e amante del rigore in cucina, De Lillo approccia al mondo della ristorazione manifestando predilezione per il versante dolce, con le sue ricette codificate, “scientifiche“ e rassicuranti. Studia all’istituto alberghiero con la convinzione di voler diventare pasticciere. A fargli cambiare idea l’ingresso alla scuola Alta Formazione di Tione, dove è costretto a confrontarsi con le preparazioni salate, iniziando il tirocinio in prestigiose cucine come Locanda Margon di Alfio Ghezzi, Osteria Francescana di Massimo Bottura, il “Berton“ di Andrea Berton. Ed è qui, confrontandosi con tutte le partite, che amplia i suoi orizzonti e matura il desiderio di fare lo chef.
La prima esperienza all’estero è nel 2018 a Copenaghen, nella cucina del Relae accanto allo chef italo-danese Christian Puglisi, e segnalato per anni come il ristorante più sostenibile al mondo nella classifica Fifty Best: "Compravamo mezzene intere di animali e le usavamo in ogni loro parte; avevamo un orto a 30 minuti di distanza dal ristorante, dove raccoglievamo ogni giorno i vegetali che avremmo utilizzato entro sera". Qui chef De Lillo svolge la sua gavetta più importante, scoprendo lavorazioni del tutto nuove – fino ad allora studiate solo sui libri – e facendosi le ossa sia con tutte le preparazioni e le tecniche di cucina, dalle più rustiche a quelle fine dining. "Ho capito cosa significasse davvero lavorare in cucina, prendersi la responsabilità di una partita e far parte di una brigata. E alla fine dei 6 mesi di tirocini mi ero integrato così bene in quella piccola comunità che avrei voluto restare anche a costo rinunciare a diplomarmi in Italia. Ma lo chef mi ha “cacciato” perché voleva finissi gli studi e facessi altre esperienze".
Quella che allora gli era sembrata una porta chiusa, è stata in realtà il trampolino per iniziare un percorso formativo ed esistenziale ricco di opportunità. Diplomatosi con 98 punti su 100 ("Non ho ottenuto il massimo per colpa del mio professore di Chimica!") Andrea carica la sua macchina di valigie e bicicletta e parte per San Sebastián in Spagna, alla volta del ristorante Amelia di Paulo Airaudo, dove si mette alla prova con una cucina innovativa, sperimentando tecniche di cottura ancestrali come il barbecue: "Ho iniziato alla griglia e l’ho finita da capo pasticcere quando il pastry chef s’è licenziato senza preavviso". De Lillo incontra uno dei sous chef del ristorante Central di Lima, che lo propone per un’esperienza in Sud America. "Avrei voluto spostarmi a Santiago del Cile, ma era l’epoca delle rivolte e ho accettato la proposta di Virgilio Martínez: sono partito per il Perù". Siamo tra 2019 e 2020, solo tre mesi dopo il suo ingresso esplode la pandemia da Covid.
Tornare in Italia nel lockdown per Andrea è complicato: non solo logisticamente ma anche per la forzata inattività. "Dopo un paio di brevi esperienze in ristoranti e hotel di lusso sul Garda, ho pensato anche di abbandonare la cucina. Sono sempre stato appassionato di sport acquatici e per un po’ ho deciso di affiancare come istruttore mio padre nella sua scuola di windsurf". Il richiamo dei fornelli è però irresistibile e Andrea decide di intraprendere una nuova avventura come personal chef, aprendo con un amico architetto un pop up pensato come sorta di home restaurant: "Solo 12 posti a sedere e io facevo tutto da solo: cucinavo, servivo i commensali e stavo fino alle 2 del mattino a lavare piatti e bicchieri, a rimettere in ordine. Ogni tanto venivano ad aiutarmi la mia morosa o un amico sommelier, per lo più mi arrangiavo da me. E avrei continuato se non fosse arrivata la proposta dal titolare di Vitis, wine lounge con sei tavoli nel cuore di Arco".
Le potenzialità di Andrea vengono notate dai responsabili del Belfiore Park Hotel, che gli propongono di entrare nella cucina del ristorante Nin come executive chef. "Ero indeciso se accettare di solito cambio solo quando mi rendo conto che in un ristorante ho appreso tutto e dato tutto. E al Vitis non era arrivato quel momento. Ma poteva essere una di quelle opportunità che capitano una volta nella vita. Così l’ho fatto, consapevole di voler cambiare tutto, proponendo una mia idea di ristorazione, un nuovo legame con il mio territorio". Oggi, a capo della sua cucina stellata, De Lillo mette a frutto le competenze apprese nelle sue varie esperienze in Italia e all’estero, dirigendo la brigata con la fresca consapevolezza di cosa significa lo stress di dover dirigere una partita e applicando il concetto di sostenibilità a tutti gli aspetti della sua cucina.