ANNA MANGIAROTTI
Cultura e Spettacoli

Anna Badkhen e il mondo in movimento: "Razzismo, violenza: torniamo umani"

Nata in Urss, oggi residente in Usa, racconta gli sconvolgimenti del pianeta dalla prospettiva delle persone "Mi sento fortunata: sono una del miliardo di migranti che popola la Terra. E che Trump ritiene animali"

La giornalista e scrittrice Anna Badkhen alla Centrale dell’Acqua dove ha presentato “Il mondo in movimento“

La giornalista e scrittrice Anna Badkhen alla Centrale dell’Acqua dove ha presentato “Il mondo in movimento“

Nata in Unione Sovietica nel 1975, Anna Badkhen è oggi residente in Texas.

Come si definisce russa o americana?

"Sono una scrittrice, e basta. Come mi ha spiegato un pianista incontrato a Parigi, nato in Africa Occidentale, per un artista non conta l’identità geografica. Comunque, precisiamo: ebrea russa e scrittrice americana".

‘Migrant’, si dice lei stessa nel libro “Cronache di un mondo in movimento” (Gramma Feltrinelli), sulla epocale migrazione in corso, che è venuta a presentare a Milano.

"Sì, del miliardo di migranti che si stima vivano oggi sul pianeta, un quarto ha attraversato confini politici, e alcuni hanno vissuto il miracolo di ricevere sostegno legale dalla terra di approdo. Io, che ho lasciato la Russia nel 2004 per gli Stati Uniti, sono tra quei fortunati".

Incontrarci con il pubblico di lettori qui alla Centrale dell’Acqua, uno dei più antichi impianti dell’acquedotto milanese, cosa significa?

"In questo luogo simbolo di ingegnosità e progresso e cura per l’ambiente, risalta il valore dell’acqua considerato spesso del libro. A causa principalmente della riduzione delle risorse idriche, effetto del cambiamento climatico, milioni di persone sono costrette a migrare".

Per questa specifica causa, entro il 2050 si prevede che lascino l’Africa settentrionale 19 milioni, pari al 9% della sua popolazione, la più alta percentuale di migranti climatici, sui 216 milioni in totale: tra Africa sub-sahariana, Asia orientale e Pacifico, e Asia Meridionale, in ordine decrescente di grandezza del fenomeno, dati forniti da un recente rapporto World Bank.

"Ma non cercate numeri negli undici capitoli del mio libro".

Infatti, è poetico e quasi fotografico e ci sorprende per la familiarità stabilita con il lettore. Come ci riesce?

"I grandi fotografi ci insegnano che le foto sono buone se scattate alla distanza di conversazione. Come corrispondente di guerra, a lungo io ho seguito i conflitti in Iraq, Afghanistan, Somalia, Israele e Territori palestinesi, Cecenia… restituendo quel che ero andata a vedere. Sugli stessi itinerari, sono tornata per narrare in modo nuovo, oltre alla violenza, le conseguenze del cambiamento climatico, il razzismo, le grandi migrazioni internazionali. Cercando di portare i protagonisti di questi sconvolgimenti vicini ai lettori, in una sorta di comprensione comune dei nostri ruoli e delle nostre responsabilità".

Certo, nei suoi reportage letterari - dalla Petite Côte senegalese a Gerico o alle antilocapre americane (superstiti della superfamiglia dei Giraffidi) - la prospettiva è diversa dalla cosiddetta Weltlandschaft (paesaggio del mondo) a volo d’uccello, ancora applicata da certi fotografi.

"Nel 2015 Rocco Rorandelli documenta i movimenti umani dall’alto con foto paragonate a immagini aeree di migrazioni di mandrie. E due anni dopo: “Queste non sono persone, sono animali” dice Trump dei migranti".

Com’è possibile sentirlo dire dal Presidente di un grande Paese democratico?

"Gli Stati Uniti si sono costruiti sul genocidio e la schiavitù. La loro democrazia è quella degli uomini bianchi di Atene. E Trump è uno psicopatico narcisista".

Comunque, noi umani siamo una specie animale, la sola così autodistruttiva.

"Certo, e la sola con la capacità di creare bellezza. E con il potere di ritrovarci umanità, come è accaduto durante la pandemia di Covid. Come eravamo 160.000 anni fa, all’inizio della prima grande dispersione dal nostro comune luogo d’origine nella Great Rift Valley in Etiopia".

Ha scritto il libro prima delle violenze esplose in Palestina, Sudan, Congo... resta fiduciosa?

"La mia speranza è che mai sia superato il confine della moralità, tollerando o addirittura sostenendo il genocidio a Gaza".