ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Andrea Bocelli, la voce che incanta il mondo: “La vita è unica e irripetibile. Mi sono fidato del destino”

A Cernobbio per un concerto esclusivo a Villa d’Este, dopo le tre serate di Lajatico con il figlio: “Un passaggio del testimone”

Il tenore Andrea Bocelli il 22 settembre compirà 67 anni. Ha tre figli: Amos, 30 anni, Matteo, 27, e Virginia, 13

Il tenore Andrea Bocelli il 22 settembre compirà 67 anni. Ha tre figli: Amos, 30 anni, Matteo, 27, e Virginia, 13

Cernobbio, 13 agosto 2025 –  Sogno (d’una notte d’estate). È un cielo capovolto quello che il 20 agosto balugina sulle acque lariane con l’arrivo di Andrea Bocelli nella cornice rinascimentale di Villa d’Este. Stelle riflesse sulle onde come i sogni accarezzati ad ogni latitudine dalla più ammaliante voce tenorile al mondo. Il prezzo dei biglietti e il dress code “elegante” lasciano intendere chiaramente quale sia il pubblico di riferimento della serata: gli abbienti vacanzieri d’Oltreoceano che nella bella stagione spendono il loro tempo migliore a Tremezzo e a Bellagio, smaniosi di regalarsi una serata speciale tra le magnolie, i cipressi, i platani del Giardino del Mosaico, cullati da “The prayer” e “Con the partirò”. Il resto lo mette l’allure dell’ospite, coi suoi 90 milioni di dischi venduti, i 16 miliardi di streaming, il Golden Globe, i sette Classical Brit, i sette World Music Awards, e, dulcis in fundo, la stella sulla Hollywood Walk of Fame. E poi concerti di beneficenza, galà d’imperatori e regine, collaborazioni artistiche con tennisti numero uno del ranking Atp, eventi straordinari come quello che fra un mese, stando alle indiscrezioni, potrebbe vederlo protagonista in Vaticano assieme a grandi stelle della musica americana, ancora rigorosamente top secret...

Andrea, cosa ha preparato?

“Il concetto è lo stesso dei concerti che faccio in giro per modo, con una prima parte esclusivamente operistica, e una seconda imperniata su un programma, sempre ovviamente adatto alla mia vocalità, un po’ più popolare”.

Stesso schema utilizzato a fine luglio sotto i riflettori del Teatro del Silenzio.

“Sì, anche se in un contesto diverso, con una spettacolarizzazione della musica data dalla presenza di un grande orchestra e di un coro che nei recital abituali, per ovvi motivi, manca”.

Quest’anno una delle tre giornate del Teatro del Silenzio se l’è presa tutta suo figlio Matteo.

“È stato una specie di passaggio di testimone. Matteo esce il 12 settembre con un nuovo album (“Falling in love“, ndr) e sono contento che questa anticipazione sia avvenuta a Lajatico, il mio paese (che poi è pure il suo). Da bambino ho imparato a sognare il mio futuro nel silenzio incantato di quelle colline. La sera dello show avevo addosso una tale ansia per mio figlio che invece di starmene in platea ho preferito seguire la serata dai posti più lontani”.

Lei è arrivato alla notorietà attorno ai 35 anni, mentre i suoi figli hanno iniziato ad assaporarla da giovani e giovanissimi. Quali sono i pro e i contro?

“La vita è meravigliosa anche per questo: perché è unica e irripetibile in tutto e per tutto. Sono arrivato al successo tardi, dopo aver collezionato tante porte chiuse. Cosa che m’ha fortificato, ma mi ha anche, talvolta, causato frustrazione e sofferenza. Ma io mi sono sempre fidato di quello che il destino aveva preparato per me. E alla fine la vita ha superato i sogni. I miei figli partono con un grande vantaggio iniziale, che può però fatalmente tramutarsi in svantaggio”.

Lei come li ha cautelati?

“Nonostante la notorietà e il benessere in cui sono cresciuti, ho sempre cercato di non far perdere loro il contatto con la realtà, di non viziarli, di trasmettere loro valori solidi e forti. Sono pienamente coscienti che la notorietà, in sé, non esprime alcun valore. Inutile negare che per farsi conoscere, proporre il risultato dei loro studi, dei loro sacrifici, dei loro talenti, abbiano opportunità e corsie preferenziali maggiori di altri. Dopodiché, in caso manchi qualità e attitudine, il successo diventa il lampo di un fuoco fatuo, perché più il cognome è importante più la disaffezione arriva veloce”.

Pure lei dopo l’estate torna con un progetto discografico intitolato “Rarities”.

“Ho da parte brani molto belli che, magari per scelte discografiche o per questioni artistiche legate agli album che stavo realizzando, non hanno visto ancora la luce. Da qui l’idea di raccoglierli, esaudendo il mio desiderio di farli arrivare al pubblico. Un musicista napoletano mi ha scritto tre canzoni straordinariamente belle, mentre c’è una coppia autorale toscana dietro “Lentamente“, pezzo dedicato al ricordo del mio babbo che mi muove dentro qualcosa ad ogni ascolto”.

Dal 21 al 24 settembre arriva al cinema “Andrea Bocelli: Because I believe”, presentato l’anno scorso al Toronto International Film Festival.

“Non so quanto possa interessare, ma se qualcuno vuol vedermi in una dimensione diversa da quella ufficiale, capire come vivo la mia giornata giù dal palco, quello è il modo migliore per farlo. Girandolo, con la regista Cosima Spender ci siamo confrontati molto, trovandoci quasi sempre d’accordo sulle idee narrative che aveva in mente”.

Quando gli chiedevano cosa occorre per cantare, Caruso rispondeva: “Un gran torace, una gran bocca, il 90% di memoria, il 10% di intelligenza, un sacco di duro lavoro e qualcosa nel cuore”. È d’accordo?

“Non so se le percentuali sono giuste, ma concordo. Leibniz diceva che la musica è un occulto esercizio aritmetico dell’anima che non sa numerarsi, quindi, matematica che il cervello risolve a modo suo. Come riesca ad influenzare le nostre sfere emotive, però, resta un mistero”.