Cusano Milanino (Milano), 5 Settembre 2024 - Una "reazione a cortocircuito" dietro l'omicidio commesso da Lorenzo D’Errico, il 38enne che nel 2021 uccise il padre, il 65enne Carmine D’Errico, colpendolo 40 volte per una lite nata nella loro abitazione a Cusano Milanino da una discussione sulle molestie a sfondo sessuale che l’imputato sostiene di avere subìto da bambino, proprio da parte dei genitori. Poi il 38enne aveva bruciato il corpo del padre in un capannone abbandonato a Cerro Maggiore.
E' quanto emerge dalle motivazioni della sentenza con cui lo scorso giugno la Corte d‘Assise di Monza ha condannato Lorenzo D’Errico a 24 anni di carcere per omicidio volontario e occultamento di cadavere. La Corte monzese, presieduta dal giudice Carlo Ottone De Marchi, ha concesso all'imputato l'attenuante del dolo d'impeto sostenendo che il 38enne ha agito "per l'impulso causato dall'ennesima discussione" con il padre a causa di un gesto del genitore "evocativo di ricordi d'infanzia dolorosi e mai completamente metabolizzati nel vissuto successivo, che ha travolto i freni psichici dell'imputato" che si è anche trovato nella "materiale disponibilità di un piccone occasionalmente lasciato nella stanza".
Uno stato d'animo che, però, "non costituisce una patologia mentale, neppure transitoria, tale da integrare gli estremi dell'infermità". I giudici non hanno ritenuto di applicare l’aggravante della crudeltà, mentre hanno concesso le attenuanti generiche sia per la condotta processuale che per l’avvenuto risarcimento del danno ai due fratelli prima dell’inizio del dibattimento. Lorenzo D’Errico aveva aderito al percorso di giustizia riparativa, ma i parenti si erano rifiutati di incontrarlo. Uno di loro aveva accettato di ricevere una lettera di scuse.