Dpcm Lombardia, il malumore dei sindaci: "Noi non siamo zona rossa"

Lettera al governatore Fontana e al ministro Speranza. Ma il primo cittadino di Milano Sala rassicura: "Rispetto per le scelte del Governo"

Brescia, incontro sindaci per emergenza Covid

Brescia, incontro sindaci per emergenza Covid

Milano, 5 novembre 2020 - La Lombardia è zona rossa e da domani, venerdì 6 novembre, sarà in regime di lockdown. Mercoledì sera alle 20.30, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte ha illustrato in conferenza stampa il nuovo Dpcm, svelando l'attesa mappa delle zone rosse, arancioni e gialle con le relative e annunciate restrizioni anti Covid. Una decisione che Attilio Fontana e Giuseppe Sala, per una volta allineati, avrebbero voluto evitare. Sia il presidente della Regione sia il sindaco di Milano avevano fatto presente, nei giorni scorsi, come non ritenessero opportuno una chiusura territoriale. All'attacco la Lega: "Il governo giallorosso ha deciso di chiudere, contro il parere del governatore lombardo, senza rispetto degli enormi sforzi fatti in queste settimane dai cittadini e dal sistema produttivo. Una decisione grave che avrà gravi ripercussioni economiche per la Regione che garantisce piu' di un quinto del Pil nazionale, piu' di un terzo dell'export italiano". E ancora: "La Campania, con una giunta di centrosinistra, è zona gialla, il livello minimo, mentre la Lombardia, con una giunta di centrodestra, è zona rossa, il massimo livello. Ognuno tragga la propria conclusione". Immediate anche le reazioni dei sindaci tra rispetto del decreto, critiche e richieste.

La lettera di quattro sindaci a Fontana e al ministro Speranza

"Vi scriviamo, da rappresentanti delle nostre comunita', al fine di avere tutti gli elementi necessari per comprendere la fase epidemica sulle nostre province e i parametri che ne determinano l'inserimento nella 'zona rossa', al pari di tutta la Regione". E' quanto si legge nella lettera scritta oggi da quattro sindaci lombardi, precisamente quello di Brescia Emilio Del Bono, di Bergamo Giorgio Gori, di Cremona Gianluca Galimberti e di Mantova Mattia Palazzi, inviata al ministro della Salute Roberto Speranza e al presidente della Regione Attilio Fontana. "Tale richiesta e' motivata dalla necessita' di capire per spiegare ai nostri cittadini e imprese e categorie economiche e sociali lo stato di fatto - continua la missiva dei quattro sindaci di centrosinistra -. Ma è altreì fondamentale per monitorare l'andamento epidemiologico. Siamo per questi motivi a chiedere di conoscere i dati relativi ai 21 indicatori sanitari di rischio, nonche' RT delle nostre province e citta' capoluoghi nella settimana appena conclusa. Tali richieste - prosegue il testo- ci aiuteranno a conoscere la complessita' dei fattori e dati che determinano le zone di inserimento e ci consentiranno di richiederVi, se confortati dagli stessi, l'applicazione di quanto previsto dall'art.3 comma 2 del Dpcm".

Milano, il sindaco Sala: "Sistema complesso e non equo"

"Non posso che dire che credo che il sistema scelto dal Governo per definire le zone gialle, arancioni e le zone rosse sia troppo complesso perché divide non solo per Regioni ma anche per province. Immaginatevi i distinguo. Inoltre è basato sull'Rt e 21 indicatori, difficilissimi da decifrare", commenta il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, nel suo video quotidiano sui social. "Io - continua - avrei scelto un sistema più semplice e più uniforme. Non sono così certo che questa classificazione vista in maniera dinamica e in ottica di tendenza garantisca una decisione equa". Nonostante ciò, Sala precisa: "Le misure del Governo vanno comunque rispettate e io da uomo delle istituzioni mi attiverò affinché vengano rispettate e affinché questo sacrificio che ci viene chiesto si trasformerà in un beneficio per la nostra comunità". 

Monza, il sindaco Allevi: "Saputo all'ultimo"

Critica le tempistiche dell'ufficializzazione del Dpcm il sindaco di Monza, Dario Allevi: "E così siamo una delle quattro zone rosse del Paese. Peccato che anche noi sindaci lo abbiamo appreso pochi minuti prima della conferenza stampa di stasera: avremmo potuto utilizzare meglio la giornata di oggi e di domani per organizzarci". E aggiunge: "Ormai molti locali hanno già chiuso e comunicato ai collaboratori di rimanere a casa, come hanno fatto i negozi con i propri commessi e fornitori. Lo stesso vale per numerosi professori e per le famiglie dei ragazzi di prima e seconda media e tanti altri ancora. Si poteva fare meglio, sicuramente". Allevi è preoccupato. Innanzitutto perché "rispetto a marzo oggi c’è anche rabbia e insofferenza. Ogni decisione che viene presa adesso rischia di provocare problemi sociali, di ordine pubblico". Ecco perché "mi auguro che almeno i ristori arrivino domani mattina e che non si finisca come con la cassa integrazione che ad oggi ancora molti non hanno ricevuto". Altrimenti "in seguito a ulteriori restrizioni migliaia di attività accuserebbero un colpo che potrebbe essere mortale".

Lodi, i sindaci: "Pronti a impugnare il Dpcm"

Non ci stanno i dieci Comuni del Basso Lodigiano, dove ci sono molti meno casi rispetto alla vicina area metropolitana di Milano e al resto della Lombardia. A Casalpusterlengo, Elia Delmiglio lancia un appello a Conte: "Non possiamo permetterci un nuovo lockdown. La situazione è grave ma monitorata e non desta grande preoccupazione come a marzo. Il 92% dei positivi si trova a casa e viene curato a domicilio senza particolari problemi. Nuove chiusure andrebbero a pesare troppo sulle attività produttive".  A Castiglione d’Adda, Costantino Pesatori si dice pronto "a scendere in piazza al fianco dei cittadini. Non avrebbe molto senso chiudere come nella prima fase dell’emergenza. Una chiusura totale significherebbe la fine delle attività produttive. A Codogno, il sindaco Francesco Passerini ha già ha annunciato la possibilità di impugnare il Dpcm: "Siamo contrari alla chiusura totalmente indiscriminata di alcune attività. Nel Lodigiano stiamo registrando pochi contagi. Attualmente qui da noi è impossibile un nuovo lockdown".

Sondrio controcorrente: "Provvedimento utile e necesario"

Controcorrente il commento del sindaco di Sondrio, Marco Scaramellini, alla guida di un esecutivo di centrodestra, che ha detto: "Nessuno avrebbe voluto questi provvedimenti, ma oggi, come già la primavera scorsa, si tratta di azioni utili ad arginare la diffusione dell'infezione e nell'intento di scongiurare regole ancora più limitative delle libertà personali". Scaramellini ha precisato: "Il peggioramento della situazione sanitaria era atteso e, purtroppo, si è verificato, rendendo necessaria e improrogabile l'adozione di provvedimenti restrittivi che si pongono un solo obiettivo: tutelare la salute pubblica e contenere il contagio per evitare nuovi ricoveri".

Nembro, il sindaco Cancelli: "Sacrifcio pesante, ma contagio va bloccato"

Secondo il sindaco di Nembro Claudio Cancelli la zona rossa istituita su tutta la Lombardia per contenere la diffusione del coronavirus "è un sacrificio molto pesante per la nostra zona, che avrà effetti pesanti sulle attività delle imprese e che diffonde un senso di depressione su tutti". In ogni caso, continua, "mi sembra che la definizione delle diverse aree sia stata fatta sulla base di criteri oggettivi e di parametri scientifici. I dati di ierievidenziano una crescita importante dei nuovi casi. Anche se la situazione sanitaria è sotto controllo, è opportuno che non sfugga di mano". Per Nembro e la zona circostante, tra le più colpite durante la prima ondata di Covid, spiega, "le nuove norme sono più rigide di quanto necessario sulla base dei nostri dati, ma la Lombardia è una regione dai movimenti intensi. Meglio tenere duro per 15 giorni e bloccare il contagio per poi tornare a respirare".