PAOLA PIOPPI
Cronaca

Omicidio in Moldavia, le accuse alla compagna di Franco Bernardo e il giallo del terzo uomo

Svetlana Botas è indagata per la morte del 62enne comasco, ma sui pantaloni c’è il Dna di un’altra persona. Non può lasciare il Paese per almeno sessanta giorni

A sinistra Svetlana Botas accusata dell’omicidio di Franco Bernardo (sopra)

A sinistra Svetlana Botas accusata dell’omicidio di Franco Bernardo (sopra)

Cerano Intelvi (Como) – La presenza di una terza persona, non ancora identificata, al momento del delitto. Il nuovo capo di imputazione a carico di Svetlana Botas e la misura di prevenzione che le impedisce di lasciare la Moldavia per i prossimi sessanta giorni. Sono le ultima novità emerse durante il processo che si sta svolgendo a Soroca, per la morte di Franco Bernardo, il comasco residente a Cerano Intelvi, ucciso a 62 anni nella notte tra il 31 maggio e 1° giugno 2023 a Soroca, in Moldavia, nell’abitazione dell’ultima compagna, Svetlana Botas, 37 anni.

Dall’esame degli abiti svolto dall’istituto di Medicina Legale che fa capo al Ministero della Salute moldavo, è ora emerso che sui pantaloni indossati dalla vittima, c’era il dna di un terzo soggetto, non ancora identificato. Per questo motivo gli avvocati di parte civile che assistono i familiari dell‘uomo, Eduard Digore e Antonio Lamarucciola, hanno chiesto una ulteriore modifica del capo di imputazione a carico della donna. Inizialmente era finita a processo con l’accusa di omicidio colposo, in quanto era stata recepita la sua versione di quanto accaduto, secondo cui la morte del compagno era stata causata da un tentativo troppo irruento di farlo riprendere dopo un malore. Ma la tenacia degli avvocati di parte civile, mesi dopo l’avvio del processo ha consentito di arrivare a ottenere nuovi accertamenti medico legali, che hanno dato per certa la morte per strangolamento.

La Botas è ora accusata di “omicidio di un membro di famiglia per interessi materiali”, ma i legali di parte chiedono che tale accusa venga ulteriormente integrata, inquadrando il reato come commesso da due o più persone. Nel frattempo il Tribunale ha emesso la misura che limita la libertà dell’imputata, impedendole di lasciare la Moldavia per 60 giorni, e che potrà essere ulteriormente prorogata. Il processo proseguirà a settembre, ormai completamente stravolto rispetto alle sue fasi iniziali, quando la Botas sembrava destinata a dover rispondere di una sola colpa: quella di aver cercato di salvare il suo compagno con modi tanto impetuosi, da stringergli la gola fino a soffocarlo nel disperato tentativo di fargli riprendere i sensi. Per poi portarlo in ospedale, dove avevano dichiarato il suo decesso.