San Primo, il progetto della pista da sci sul monte senza neve. Gli speleologi: “A rischio l’ecosistema sotterraneo”

A Bellagio il progetto da 5 milioni di euro per la stazione sciistica a bassa quota è ampiamente criticato. Sotto il monte c’è un complesso sistema di grotte e corsi d’acqua

Alcune delle formazioni nascoste nelle viscere del Triangolo Lariano scoperte dagli speleologi Sopra una delle tante proteste organizzate dal Comitato

Alcune delle formazioni nascoste nelle viscere del Triangolo Lariano scoperte dagli speleologi Sopra una delle tante proteste organizzate dal Comitato

ll progetto dei nuovi impianti sciistici a bassa quota sul Monte San Primo (1682 metri), nel territorio del Triangolo Lariano, preoccupa anche il mondo della speleologia. Come hanno dimostrato decenni di campagne di esplorazione, nelle viscere di quel territorio si estende un vasto mondo fatto di corsi d’acqua, gallerie, immense grotte e perfino dune di sabbia.

Anche la Federazione Speleologica Lombarda infatti ha deciso di far sentire la sua voce insieme a quella delle altre 36 associazioni riunite nel Coordinamento “Salviamo il Monte San Primo” che finora si sono mobilitate per chiedere di bloccare il progetto da cinque milioni di euro. Un investimento consistente pensato in un periodo storico in cui, per via degli effetti del cambiamento del clima, in molti (a partire dagli svizzeri) stanno ripensando completamente l’industria dello sci, soprattutto a bassa quota.

Nel Comune di Bellagio invece questa viene titenuta ancora un’operazione strategica. Al centro delle critiche c’è la “riqualificazione” del comprensorio sotto i 1.600 metri che prevede la creazione di una stazione sciistica, con annessi impianti di risalita con innevamento artificiale, piste e toboga in plastica, realizzazione di parcheggi. Più di chiunque altro infatti, coloro che si avventurano in quel mondo sotterraneo conoscono il delicato equilibrio che lo regola.

"ll Monte San Primo è sede di fenomeni carsici di rilevanza nazionale, con importanti grotte con ingressi che si aprono sulle pendici del Monte in probabile collegamento idrologico con uno dei maggiori sistemi carsici italiani (Complesso del Pian del Tivano-Valle del Nosee, con uno sviluppo di oltre 65 chilometri), le cui acque (captate a scopo idropotabile) fuoriescono alle sorgenti di Nesso, a livello del Lago di Como". Qualche anno fa, aveva suscitato grande scalpore la scoperta di un nuovo sistema di grotte (battezzato poi “Terzo mondo“, fatto di sale e gallerie immense) al quale si accede da una minuscola fenditura scoperta nel 2011 proprio poco sotto la vetta del San Primo. "Il San primo conserva al suo interno i fenomeni generati dall’acqua che percolava all’interno di quello che era un vasto altipiano", spiegavano all’epoca gli scopritori.

"Si tratta quindi di un’area di grande importanza per quanto riguarda non solo il fenomeno carsico in sé, ma anche per il bene prezioso che contiene: l’acqua, che in aree carsiche è una risorsa ancora più importante, data la quasi totale assenza di acque superficiali, a causa della natura stessa delle rocce carbonatiche - spiegano gli speleologi lombardi - . Purtroppo, le acque carsiche hanno un’altra caratteristica: sono estremamente vulnerabili agli inquinamenti. L’infiltrazione di acque inquinate e l’immissione (anche accidentale) di inquinanti rischiano di compromettere per anni o decenni la buona qualità delle acque delle grotte e delle sorgenti, cosa che può portare a gravi danni non solo al delicatissimo ecosistema sotterraneo, ma anche alle popolazioni che utilizzano le acque sotterranee a scopo potabile, ma anche agricolo e di allevamento di bestiame", fa sapere il Comitato che riunisce la maggior parte dei gruppi e associazioni speleologici lombardi.