ROBERTO CANALI
Cronaca

Armi e affari, la Svizzera al voto: il referendum sulle restrizioni divide il Paese

L'obiettivo è contrastare mafie e terrorismo

Un'immagine della campagna rerefendaria in Svizzera

Como, 13 maggio 2019 - All'inviolabilità del loro mitico segreto bancario hanno dovuto rinunciare alcuni anni fa, obtorto collo, per non finire nella black list degli Stati Uniti in guerra contro il terrorismo islamico. Adesso che ci si è messa l’Ue a chiedere rinunciare al diritto di essere armati fino ai denti in casa propria, gli svizzeri hanno perso la pazienza. In quattro e quattr’otto è nato il Comitato di interessi del tiro svizzero che in barba alla minaccia di Bruxelles di escludere il Paese dall’area Schengen, ha raccolto 125mila firme per promuovere un referendum in cui si chiede ai cittadini di esprimersi per bocciare la legge che vuole inasprire il possesso delle armi automatiche.

La questione è semplice: gli svizzeri sono il popolo più pacifico del mondo anche perché sono uno dei più armati: due milioni di fucili, pistole e vere e proprie armi da guerra su una popolazione di appena otto milioni di abitanti contando anche donne, anziani e bambini. Se in Italia ci si divide sull’estensione della legittima difesa contemplato dal Decreto Salvini, in Svizzera da anni è sdoganata la cosiddetta «legittima difesa putativa», che da la possibilità al padrone di casa di difendersi sparando anche se il ladro non è armato se si sente in pericolo di vita o tema lo possa essere uno dei suoi familiari.

Impossibile dire se è per questo che in Svizzera i furti in casa sono una rarità, ma di sicuro i ladri non sono invogliati all’idea che qualcuno possa sparare loro addosso con un fucile d’assalto. L’esempio non è fatto a caso, tra le armi più diffuse nelle case svizzere infatti c’è SIG SG 550, anche conosciuto come Fass 90 o StGw 90, un fucile d’assalto prodotto dalla Swiss Arms AG che ha un calibro 5,56 mm ed è l’arma in dotazione dell’esercito elvetico. Anche se il termine per la conclusione del servizio militare è stato ridotto da 42 a 30 anni, rimane infatti immutata l’abitudine di congedarsi acquistando le armi in dotazione ovvero la pistola e il fucile d’assalto, con il solo limite che quest’ultimo viene modificato per bloccare il tiro a raffica e impedire i venti colpi, o trenta a seconda del caricatore, in sequenza.

Gli svizzeri si sentono sicuri così e per questo in tanti domenica prossima si recheranno ai seggi per dire a l’Ue che si tenga pure il suo libero mercato, ma lasci loro le armi. Il problema è anche nostro, dell’Italia: la Svizzera insieme alla Serbia infatti negli ultimi anni è finita più volte al centro delle indagini delle polizie europee come possibile crocevia del traffico illecito di armi che poi finiscono nelle mani del terrorismo islamico. L’ultimo caso si è verificato una decina di giorni fa nel parcheggio di un supermercato a Cantù, dove i carabinieri hanno fermato quattro persone che stavano contrattando in pieno giorno l’acquisto di un Sig 500 risultato poi rubato in un’abitazione oltreconfine. Due di loro sono stati immediatamente arrestati per porto illegale e detenzione di arma da guerra e rischiano una reclusione fino a 8 anni e una multa che potrebbe arrivare a 20mila euro.