
Don Roberto Malgesini
Como - "Chi ha sbagliato e mi ha tradito, deve pagare. Non ho più documenti, come se fossi un clandestino. Questo comporta una perdita di fiducia nelle forze dell’ordine. Chi ha sbagliato deve pagare". Mahmoudi Ridha, il tunisino di 53 anni che sei mesi fa, il 15 settembre 2020, accoltellò a morte don Roberto Malgesini, in un memoriale scritto a gennaio dello scorso anno metteva in fila i suoi motivi di astio nei confronti di polizia, avvocati, prefetto e dello stesso don Malgesini, che faceva da tramite nella procedura di espulsione alla quale Ridha si opponeva ferocemente.
Da quelle pagine emerge una ricostruzione delle sue vicende giudiziarie e dei rapporti con i suoi interlocutori carica di astio e stravolta da evidenti manie di persecuzione: "Carabinieri, polizia e vigili – scrive – continuano a seguirmi, su mandato del prefetto di Como, effettuando continui controlli". Ridha, in Italia da oltre vent’anni, ha diversi guai con le forze dell’ordine e finisce in carcere nel 2014 per un cumulo di pene. A ottobre 2015 esce, dopo aver scontato circa un anno di detenzione: "Tutti si scusavano – scrive nel diario – dicevano che c’erano stati errori procedurali, e che mi avrebbero fatto uscire presto". Invece sconta tutta la condanna e appena libero lo aspetta la polizia. E questo aumenta la sua rabbia: "Mi hanno accompagnato all’Ufficio Stranieri – scrive ancora – dove il Prefetto mi ha consegnato un decreto di espulsione, dicendo “il capo sono io”.". Attorno ai ricorsi giudiziari inizia a ruotare tutta la vita di Ridha, e anche a maturare la sua vendetta contro chi non lo ha aiutato a rimanere in Italia: primo obiettivo l’avvocato, che però non trova. Allora si dirige verso la parrocchia di San Rocco, dove trova e accoltella don Malgesini, “colpevole” di averlo tradito, cioè di non essere riuscito ad evitargli l’esplusione.
Le indagini sull’omicidio del prete sono state chiuse: la perizia psichiatrica ha dichiarato il killer sano di mente, il sostituto procuratore Massimo Astori gli contesta l’omicidio premeditato, e il processo si svolgerà in autunno davanti alla Corte d’Assise, ma nel frattempo Ridha ha chiesto di essere interrogato. Un anno fa, quando scrisse il suo diario partendo dal 2011, la data del 15 settembre 2020 gli era già nota: quel giorno sarebbe dovuto comparire davanti al Giudice di Pace, andando probabilmente incontro all’ennesimo rigetto dei ricorsi contro l’espulsione. La stessa data scelta per uccidere il sacerdote, sorpreso alle spalle mentre si preparava a distribuire le colazioni ai poveri.