
La nipote del Conte Monzino, Orsina Baroldi, con Guido Carrel
Tremezzina (Como), 19 maggio 2021 - Era poco più di un ragazzo Rinaldo Carrel quando conquistò il Polo Nord insieme al conte Guido Monzino, Mirko Minuzzo, il cileno Arturo Aranda, i tecnici danesi che facevano funzionare la radio e 22 guide eschimesi. Era una giornata come quella di oggi il 19 maggio del 1971, solo che sul pack era infinitamente più freddo, con punte di -45° e la spedizione arrivò al 90° parallelo sfinita. "Eravamo i secondi al mondo a tentare quell’impresa con le slitte trainate dai cani – ricorda Rinaldo Carrel che oggi sarà l’ospite d’onore a Villa del Balbianello – il primo a compierla era stato l’inglese Wally Herbert nel 1969, ma noi eravamo lì per completare l’impresa che non era riuscita al Duca degli Abruzzi il 25 aprile del 1900, quando la sua spedizione si era dovuta arrendere dopo essere arrivata a 86°43’ Nord". Mentre una montagna si può scalare seppure tra mille difficoltà, come avrebbe fatto lo stesso Carrel appena 2 anni dopo salendo insieme a Minuzzo e sotto la guida del conte Monzino sull’Everest, il Polo Nord lo si può solo determinare attraverso i calcoli, perché il punto di congiunzione di tutti i paralleli è un po’ come l’Isola che non c’è, un puntino su una landa sconfinata di ghiaccio che non sta mai perfettamente fermo, l’asse di rotazione di quella trottola impazzita che è la Terra. "Per questo quel giorno quando ci siamo arrivati abbiamo compiuto un giro di circumnavigazione di sei chilometri in tondo, per essere sicuri di averlo raggiunto – ricorda ancora emozionato Carrel – La nostra fortuna fu che proprio quel giorno passava di là un aereo della Guardia Costiera Canadese che ci indicò con una picchiata il punto esatto in cui noi piantammo il tricolore. Fu un momento emozionante, come sarebbe stato sull’Everest due anni dopo avevamo portato l’Italia sul tetto geografico del mondo. Era un modo per ridare pace a tutti i nostri connazionali morti cercando di compiere quell’impresa. Ricordo che rimasi emozionato anche all’idea che ero nell’unico punto della Terra di cui non era possibile fornire le coordinate e determinare il tempo, un po’ come toccare l’infinito". Un’emozione ancora viva nel ricordo di Rinaldo Carrel, il decano delle guide alpine del Cervino e il protagonista di tante imprese in buona parte legate al Conte Monzino che fu imprenditore, scrittore e uomo di avventura, l’ultimo grande romantico che seppe trasformare la sua vita in opera d’arte, lasciando ricordi indelebili in chi l’ha accompagnato e conosciuto, insieme a una dimora incantevole, Villa Del Balbianello a Tremezzina sul lago di Como, negli ultimi quattro anni la villa del Fai più visitata d’Italia. «Il Conte Monzino l’ho conosciuto attraverso mio padre che lo conobbe a metà degli anni ’50, quando digiuno di alpinismo scalò il Cervino accompagnato da Achille Compagnoni". Fu allora che si innamorò della montagna e soprattutto della sua gente. Era una persona colta ma raccontava di sentirsi a suo agio in mezzo alla gente semplice, i montanari della Valtournenche che per anni lo scortarono nelle sue avventure in giro per il mondo. "La conquista del 90° parallelo è stata una delle avventure che più ci ha legato – conclude Carrel – è stata durissima perché nonostante fossimo tutti persone abituate alle difficoltà della montagna, sul pack ci trovammo in un ambiente al limite per le possibilità umane. In alcuni punti le correnti erano così forti che la banchina si spostava: gli ultimi giorni marciammo con i cani per 50 chilometri per accorgersi che eravamo avanzati solo di 15, perché il ghiaccio si spostava sotto i nostri piedi. L’ultimo giorno per trovare la forza di raggiungere il 90° parallelo ci rifocillammo con te e bistecca. A raccontarlo oggi non sembra neanche vero".