PAOLA PIOPPI
Cronaca

Outlet del falso, chiesto il rinvio a giudizio

Nei guai un senegalese 50enne che da tempo viveva in Italia privo di permesso di soggiorno e scoperto dai Baschi Verdi della Finanza. .

di Paola Pioppi

Un magazzino di rivendita del falso in centro a Como, gestito da un senegalese, El Hadji Gueye, cinquantenne domiciliato a Merone, che da tempo viveva in Italia privo di permesso di soggiorno. Era stato scoperto dai Baschi Verdi della Guardia di finanza di Como, a febbraio 2019, in una abitazione di via Tommaso Grossi. In quell’occasione, erano stati messi sotto sequestro 650 capi d’abbigliamento e accessori tra cui giubbotti, jeans, maglie, sciarpe, cappelli e scarpe con marchio contraffatto delle più note griffe: Stone Island, Moncler, Napapijri, Woolrich, Colmar, Peuterey, K-Way, Diesel, Armani, Nike, il cui valore commerciale si aggirava intorno ai 30mila euro.

Ora per l’uomo, il sostituto procuratore di Como Massimo Astori ha chiesto il rinvio a giudizio, con l’accusa di commercio di merci contraffatte, e anche di violazione dell’ordine di espulsione che gli era stato notificato nel 2018. Ma nelle imputazioni compare anche Charles Oketayot, 61 anni, origini ugandesi e residente a Como, che aveva affidato in locazione a Gueye l’immobile di via Tommaso Grossi, di sua proprietà. Tra i due era stato stipulato un contratto del tutto verbale, senza alcun contratto, a fronte di un pagamento di 200 euro al mese. E’ accusato di aver tratto profitto dall’utilizzo dell’immobile da parte di uno straniero irregolare. Gueye era già stato trovato a svolgere la stessa attività un anno prima quando una pattuglia della Finanza lo aveva notato camminare lungo viale Lecco con un borsone, all’interno del quale c’erano alcuni giubbotti della Woolrich risultati falsi. Era stata al prima volta che i militari avevano scoperto quel magazzino in centro città, dove la merce era stipata all’interno di buste, armadi, bauli, valigie e scatoloni.

Già all’epoca, tutto era finito sotto sequestro in quanto palesemente contraffatto: 1400 pezzi tra capi di abbigliamento e accessori, ma anche etichette e materiali per la contraffazione di articoli dei marchi più noti. Nelle mani degli inquirenti, era così finito un patrimonio in perfette condizioni che, qualche mese dopo, era stato donato alla Caritas dopo aver eliminato tutti i marchi falsi, su autorizzazione della Procura di Como. L’udienza preliminare per i due imputati è stata fissata a ottobre davanti al gup di Como.