Omicidio di don Malgesini a Como, il ritratto di Ridha: da attaccabrighe ad assassino

Il tunisino condannato per l’assassinio di don Malgesini negli ultimi quindici anni ha collezionato solo guai

Mahmoudi Ridha

Mahmoudi Ridha

Como, 30 ottobre 2021 -  Una lunga vita passata in Italia, metà della quale connotata da episodi di violenza e di aggressività nei confronti di chiunque aveva a che fare con lui, persino di chi lo aiutava. Mahmoudi Ridha, il tunisino di 53 anni condannato all’ergastolo per l’omicidio di con Roberto Malgesini, avvenuto il 15 settembre dello scorso anno, nel 2006 era stato inserito in un progetto lavorativo gestito da una cooperativa, considerato soggetto svantaggiato a causa di un problema agli occhi. Ma durante quel periodo, come hanno raccontato i responsabili di quella cooperativa chiamati a testimoniare, Mahmoudi maltrattava i colleghi disabili, li vessava perché non tenevano un ritmo di lavoro adeguato. «Aveva pretese continue – hanno detto - era fastidioso". Alle sue spalle, aveva già un processo per maltrattamenti nei confronti dell’ex moglie, che qualche anno dopo sarà seguito da un altro procedimento penale, per atti persecutori, sempre nei confronti della donna. Anche gli operatori della Caritas, abituati a gestire situazioni esistenziali difficili e spesso molto spigolose, di lui hanno un ricordo simile: una persona aggressiva, volgare nel linguaggio, incapace di convivere anche con le persone nelle sue stesse condizioni. Era stato allontanato dalla mensa dei poveri, dove gli operatori gli garantivano il vitto, ma senza consentirgli di consumarlo all’interno, assieme agli altri assistiti. Mahmoudi , negli anni, si è sempre rivelato ossessivo con tutti, anche con i volontari della colazione, che lo hanno definito una “persona perturbante”.

Litigava, attaccava briga spesso. Ma negli anni, Don Roberto non gli ha mai negato l’aiuto di cui aveva bisogno. Nel 2018 lo aveva portato più volte da un oculista per ottenere una consulenza che potesse aiutarlo ad ottenere la permanenza in Italia: anche nello studio del medico, Ridha ha gridato, insultato. "Non ho mai visto un’aggressività del genere", ha detto il medico durante la sua testimonianza. Ma in tutto questo, non sono mai emersi elementi per ritenere che le sue condotte scaturissero da una malattia mentale. A settembre dello scorso anno, quando entra in carcere, non necessita della somministrazione terapie. Lo stesso psichiatra consulente della Procura, Nicola Molteni, lo ritiene “Vigile, lucido, orientato”, e rileva la presenza di un disturbo di personalità “come l’ottanta per cento dei detenuti”, ma nessuna devianza psichiatrica. Per questo la Corte d’Assise di Como giovedì lo ha riconosciuto capace di intendere e di volere e, dopo avergli negato la perizia psichiatrica, l’ha condannato all’ergastolo per l’assassinio del “prete degli ultimi“ che lui ha ucciso con fredda violenza considerandolo complice di un complotto ordito alle sue spalle con l’obiettivo di allontarlo dall’Italia.