Morì annegato in piscina a 7 anni. Condannati i genitori e il bagnino

Il bambino fu lasciato entrare da solo nella vasca olimpionica senza braccioli ma non sapeva nuotare. I soccorsi non furono tempestivi: sei mesi a mamma e papà e nove al coordinatore dell’impianto.

Morì annegato in piscina a 7 anni. Condannati i genitori e il bagnino

Morì annegato in piscina a 7 anni. Condannati i genitori e il bagnino

Sei mesi per i genitori, nove mesi per il coordinatore dei bagnini (senza sospensione della pena) e assoluzione per il bagnino più giovane. Così si è concluso, ieri, il processo per la morte di Ansh Sharma, il bimbo di sette anni annegato il 19 luglio 2020 nella vasca olimpionica della piscina comunale Lamarmora a Brescia.

La madre, il padre e gli addetti alla sicurezza dell’impianto erano accusati a vario titolo di omicidio colposo e l’omessa sorveglianza del bimbo. Per la pm Lisa Ceschi, che aveva chiesto venisse condannato anche il bagnino semplice poi invece assolto dal giudice, Luca Angioi, la tragedia fu l’esito di "condotte negligenti" da parte di tutti: il personale in servizio in quel pomeriggio - nel procedimento erano coinvolti anche tre bagnini all’epoca minorenni, la cui posizione fu archiviata - avrebbe dovuto essere di più, tanto più in giornate particolarmente affollate, era la tesi della pubblica accusa. Quanto ai genitori di Ash, sapendo che il figlio non sapeva nuotare, avrebbero dovuto fargli indossare i braccioli, anziché lasciarlo scorrazzare libero tra le vasche esterne. La famiglia Sharma quel pomeriggio era al lido Lamarmora con i due figli, il piccolo - che il giorno seguente avrebbe compiuto 7 anni - e il fratello undicenne. Tutti stavano giocando intorno alla vasca per bambini quando Ansh, in un momento in cui il padre si era allontanato per gettare la confezione vuota di un succo di frutta, non si sa come mai è finito nella attigua vasca olimpionica. "Non sapevamo che l’acqua fosse così profonda" ha dichiarato in aula la mamma. Per l’avvocato Emanuela Lenzi, che assisteva i genitori, gli stessi andavano assolti: "Non avevano adeguate informazioni sulla pericolosità effettiva della vasca grande giacché all’esterno non erano affissi cartelli con le indicazioni. Aveva perorato l’assoluzione dei bagnini anche il loro difensore, l’avvocato Luca Broli, secondo il quale "è frettoloso addebitare agli imputati la responsabilità di una carenza organizzativa in termini di sicurezza: sarebbe spettato alla società correre ai ripari e potenziare il personale di sorveglianza in giornate affollate, tanto più che il responsabile dei bagnini più volte aveva segnalato la criticità - aveva sostenuto il legale".

Beatrice Raspa