
Antonio Milia asserragliato all’ingresso della caserma carabinieri di Asso dopo aver ucciso il comandante Doriano Furceri
Asso (Como) – L’esito finale della perizia svolta sul brigadiere dei carabinieri Antonio Milia lo rende non imputabile per l’omicidio del suo superiore, il comandante della stazione di Asso, luogotenente Doriano Furceri, ucciso a 58 anni da tre colpi di pistola. Ieri, davanti al Gup del Tribunale Militare di Verona, il perito psichiatrico bolognese Giancarlo Boncompagni ha dichiarato l’imputato totalmente incapace di intendere al momento dei fatti. La stessa conclusione a cui è giunto il consulente della difesa, Pietro Pietrini, psichiatra forense di Viareggio, nominato dall’avvocato Roberto Melchiorre. Milia, 57 anni, risulta affetto da un disturbo psicotico con manie di persecuzione fortemente condizionanti. A conclusioni diametralmente opposte è giunto il consulente della parte civile, Giovanni Perini di Verona, nominato dall’avvocato Paolo Camporini che rappresenta i familiari della vittima, mentre non era in udienza il consulente della Procura Militare, Giacomo Filippini di Brescia.
L’esito dell’incidente probatorio, che aveva il compito di stabilire la capacità di Milia di stare in un processo, avvia dunque le indagini verso la richiesta di non luogo a procedere, per mancanza di presupposti di imputabilità. Allo stesso tempo, il perito ha ravvisato una pericolosità sociale medio alta a carico dell’imputato. Per questo motivo, la misura cautelare ieri revocata dal giudice, è stata sostituita con una misura di sicurezza provvisoria che prevede il ricovero in una "casa di cura e custodia", che dovrà essere individuata dalla Procura. Qui sarà sottoposto a cure specialistiche – diversamente da quanto sta avvenendo ora a San Vittore, dove è detenuto – e a valutazioni mediche semestrali. Era la soluzione auspicata dal Ctu, che non ha dichiarato Milia totalmente incompatibile con il regime carcerario, ma ha indicato come idonea la collocazione in una struttura in grado di impostare un percorso di cura specialistico e mirato.
L’incarico per la perizia psichiatrica era stato formalizzato a dicembre, dopo che il giudice aveva accolto la richiesta di incidente probatorio avanzata dalla Procura, fondamentale per capire come orientare l’indagine. Per questo motivo, il quesito era molto complesso e articolato, e coinvolgeva ogni possibile aspetto clinico e comportamentale dell’indagato: riguardava innanzi tutto la sussistenza e la misura della capacità di intendere e di volere dell’indagato al momento dell’omicidio, la sua capacità di stare in giudizio, la presenza di un eventuale incapacità di intendere, anche parziale, la patologia riscontrata in Milia e la connessione con quanto accaduto, la sua pericolosità sociale, valutando anche la necessità di una misura di sicurezza. Inoltre la necessità di cure, la compatibilità dell’eventuale malattia con lo stato di detenzione carceraria. Tutte domande alle quali il perito ha dettagliatamente risposto. Questo primo esito arriva quasi cinque mesi dopo l’omicidio, avvenuto la sera del 27 ottobre all’interno della caserma dei carabinieri di Asso.
Milia era rientrato in servizio il 18 ottobre, dopo mesi in cui aveva fatto i conti con grossi problemi di salute mentale. A gennaio era stato ricoverato in ospedale, reparto di Psichiatria, ma dopo un percorso di cura, la commissione militare lo aveva ritenuto idoneo a riprendere servizio, e gli aveva fatto riottenere la pistola.