Merate, il Mandic rischia la chiusura

Pochi accessi per le emergenze e sempre meno bimbi nati

L'ospedale Mandic

L'ospedale Mandic

Merate (Lecco), 16 gennaio 2019 - Pochi accessi in Pronto soccorso e pochi bimbi in Ostetricia. Oltre all’apertura notturna del reparto di emergenza e urgenza del San Leopoldo Mandic è a rischio anche il futuro del punto nascita del nosocomio brianzolo, con quanto ne conseguirebbe per la sorte dell’intero ospedale di Merate. In entrambi i casi non si tratta di una certezza, ma di una eventualità che nel giro di breve potrebbe trasformarsi in una scelta obbligata dettata dai numeri. A mettere le mani avanti è il neo direttore generale dell’Asst provinciale Paolo Favini, a cui il presidio meratese fa capo. Il diggì, interpretando le nuove «Regole di gestione del servizio sociosanitario 2019» - secondo cui le strutture di Pronto soccorso con meno di 100 pazienti al dì, come nel caso di quello del San Leopoldo Mandic, devono avere attive di minima equipe dedicate all’attività con la sola copertura diurna - spiega: «Si tratta di indicazioni sugli standard minimi, noi al momento stiamo garantendo e vogliamo continuare a garantire di più». Aggiunge però che «non si riescono a trovare medici dedicati, poiché tutti quelli che vengono reclutati quando sanno che dovrebbero lavorare a Merate scappano, bisognerà trarne le conclusioni».

E ancora: «In zona ci sono altri Pronto soccorso a nemmeno un quarto d’ora di strada». Come ad esempio quello di Vimercate. Sull’Ostetricia, dove nel 2018 nati 637 bimbi, 126 e il 17% in meno dei 763 del 2017, il manager della sanità locale non avrebbe invece alcun margine di manovra per salvare la situazione: «Sotto i 500 parti i punti nascita non possono restare aperti. Non si tratta di un’indicazione minima, come per i 100 pazienti dei Pronto soccorso, bensì di una prescrizione a cui bisogna ottemperare e basta». Il direttore generale degli ospedali pubblici lecchesi vuole inoltre vederci chiaro sull’eccessivo ricorso ai cesarei, che sono stati 303, quasi la metà dei parti, quando, secondo gli esperti internazionali dell’Oms, dovrebbero essere non più del 15%: «Vorrei discuterne con il primario di Ginecologia e Ostetricia (Gregorio Del Boca nda), ma non lo conosco, l’ho visto solo una volta, non si è mai degnato di incontrarmi». Se Paolo Favini non conferma espressamente le serrate, nemmeno le smentisce insomma, ma spesso le mancate rassicurazioni e il silenzio, compresi quelle dei politici del territorio, esprimono più di qualsiasi parola.