
Uno dei summit del clan nella sede dell’azienda di trasporti sequestrata
Milano, 17 nopvembre 2021 - "Noi siamo come le raccomandate, arriviamo direttamente a casa". La ’ndrangheta è così, assicurava al telefono uno degli affiliati fermato ieri nel maxi-blitz coordinato dalle procure di Milano, Firenze e Reggio Calabria, che ha portato in cella un centinaio di persone dei clan Molè e Piromalli, metà dei quali in Lombardia tra le province di Varese e Como. L’inchiesta, ha spiegato il procuratore Riccardo Targetti, ha messo in luce anche un traffico di droga dall’Italia alla Svizzera e di armi dalla Svizzera all’Italia (quasi una "locale europea" di ’ndrangheta) , oltre al quadro di imprenditori vittime di estorsioni (anche da 300-400mila euro) e usura, insieme ad altri imprenditori che invece "scherzando con il fuoco" delle ’ndrine sono finiti nel "terreno di caccia della ‘ndrangheta e per uscire dalla 'macchina infernale' si sono resi complici con il loro contribuito di know how".
Un sistema che ha permesso alla malavita organizzata di mettere in piedi decine di coop nei settori delle pulizie, del facchinaggio e del trasporto e di creare ricchezze illegali col meccanismo delle fatture false, l’omissione di imposte per milioni e milioni di euro sottratti al Fisco, all’Ue e all’Inps. Un’inchiesta, ha detto il procuratore aggiunto Alessandra Dolci, che è la "rappresentazione plastica della ‘ndrangheta 2.0, misto di arcaicità e modernità, di 'mangiate', doti e cariche, mimetizzazione, propaggini svizzere per l’espansione all’estero e mediazioni mafiose richieste dagli imprenditori".
Fu in una riunione del 2010 a Gioia Tauro, per esempio, che i vertici lombardo-calabresi decisero che andava creato un sistema di cooperative per lucrare sui servizi di pulizie e facchinaggio, e di inserirsi su un monopolista di servizi logistici che operava per conto di una grossa impresa nel settore del beverage, ossia la Spumador spa. I dipendenti hanno parlato a verbale di oltre un decennio di soprusi e minacce dalle cosche, che volevano "indirizzare le commesse di trasporti" delle bevande. E uno di loro ha riferito "di essersi dimesso perché stanco delle continue violenze e minacce". Dall’estorsione ai danni dell’azienda, le ’ndrine avrebbero ricavato più di un milione. L‘indagine guidata dai pm Sara Ombra e Pasquale Addesso ha permesso di ricostruire 15 anni di presenza della ’ndrangheta fra le province di Como e Varese e fino alla Svizzera ("Stanno bene in Svizzera, in Italia ci hanno rovinati. Ma stai scherzando? Ma va... allora nella Svizzera non esiste il 416 bis..."). All’inizio, dal 2007 al 2010, ecco le numerose estorsioni nei confronti di imprenditori locali, poi fino al 2019 anche il controllo e la gestione economica di appalti importanti per servizio di pulizia di grandi imprese grazie alla collusione di un imprenditore dalla "faccia pulita" formalmente il titolare di cooperative del settore. Il sistema, in parte scardinato con alcuni arresti, ha portato dal 2018 alla ripresa "su larga scala" delle estorsioni.
In un contesto del genere, tutto diventa possibile. Anche l’aggressione due anni fa a due agenti della Squadra mobile di Milano durante un pedinamento a Turate, nel comasco, quando in un parcheggio per camion vengono scambiati per calabresi mandati al Nord da famiglie rivali ("Tu sei calabrese? … questo è territorio dei Piromalli, sei venuto nella tana del lupo"). Tra i fermati di ieri c’è anche un finanziere della Gdf di Olgiate Comasco che avrebbe preso denaro per addomesticare una verifica fiscale sulla Sea Trasporti, società al centro dell’indagine e controllata dai clan, finendo poi a libro paga dei boss con retribuzione mensile. E tra gli indagati, anche politici locali come l’ex sindaco di Lomazzo Marino Carugati e il suo amico ex assessore Cesare Pravisano. Nel mirino dei pm pure il "solido legame" che uno dei fermati, Giuseppe Valenzisi, avrebbe avuto con Antonio Tufano consigliere comunale a Como in quota Fdi. Tra i fermati anche Luciano De Lumè, ex assessore all’istruzione di Fino Mornasco (Como),