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Como, lavori bloccati al Sant'Elia: gli architetti scrivono al Ministero

Petizione per chiedere di intervenire direttamente sui lavori dell’asilo, togliendoli di fatto dal controllo di Palazzo Cernezzi

L'asilo Sant'Elia di Como

Como, 5 ottobre 2019 - Non si è accontentano di aver fermato i lavori di ristrutturazione che rischiavano di trasformarsi in un vero e proprio scempio, adesso gli architetti di Como e non solo loro hanno deciso di avviare una raccolta di firme per chiedere al ministero dei Beni Culturali di intervenire direttamente sui lavori dell’asilo Sant’Elia togliendoli di fatto dal controllo di Palazzo Cernezzi.

In prima fila tra i promotori della petizione il nipote di Giuseppe Terragni, Attilio, che nei giorni scorsi aveva denunciato alla Soprintendenza i lavori a dir poco raffazzonati che gli operai stavano portando avanti all’intero di uno degli edifici simbolo del Razionalismo. Non è la prima volta che gli interventi all’asilo Sant’Elia fanno letteralmente rizzare i capelli in testa agli architetti e gli studiosi i quali, come ricorda lo stesso Terragni, si erano già mobilitati nel lontano 1968 anche in quel caso contro un intervento di restauro promosso da Palazzo Cernezzi. «All’epoca a capeggiare la rivolta furono tre giovani architetti svizzeri Luigi Snozzi, Livio Vacchini e Aurelio Galfetti che scrissero un accorato appello al professor Bruno Zevi – ricorda Attilio Terrani – I lavori di ripristino non erano diretti da persone competenti».

Purtroppo allora, malgrado l’interessamento di Zevi che chiese conto al Comune, il restauro andò avanti in modo talmente maldestro che il grande storico dell’architettura al termine disse che a quel punto «sarebbe stato meglio demolirlo». «Nel 1988 venne eseguito un restauro filologico attingendo dall’Archivio Terragni per ridisegnare quanto perso, arredo compreso – ricorda il nipote del padre del Razionalismo – L’ultimo intervento conservativo risale al 2002 e poi da allora non è più stato fatto nulla. Vent’anni di degrado, senza alcuna manutenzione, con il sommarsi di danni su danni all’edificio nella sua interezza, tali da richiedere necessariamente un progetto unitario che si basi su un profondo studio dell’opera e che contempli tutte le lavorazioni necessarie al perfetto ripristino, a regola d’arte, dell’immobile.

Invece il Comune di Como, tramite il suo Ufficio Tecnico, inizia dei lavori in emergenza, uno alla volta , chiedendo autorizzazioni parziali. I lavori sono appaltati a una squadra di manutentori scolastici, avvezzi a fare un po’ di tutto, male, senza la dovuta specializzazione che l’intervento su un monumento di tale importanza richiederebbe. Il progetto e la direzione lavori sono affidati a personale interno, privo della necessaria competenza, visto il valore artistico dell’edificio». La petizione, che si può firmare anche via mail, sta facendo il giro d’Italia e ha già raccolto migliaia di firme.