
Renato Casarotto sul pilastro nel 1978 fotografato da Graziano Bianchi
ERBA (Como)
"Ho conosciuto Renato Casarotto al Circolo sportivo italiano in Perù. Era un punto di riferimento per molti di coloro che andavano a scalare da quelle parti. Anche Riccardo Cassin ci andava spesso. Poi in realtà abbiamo iniziato a frequentarci in Patagonia", racconta Graziano Bianchi, guida alpina di Erba, protagonista di numerose spedizioni in tutto il mondo e, nel 1978, artefice di un tentativo su una parete che negli anni successivi diventerà un riferimento nel mondo dell’alpinismo. "È nata un’amicizia e a volte veniva anche a Erba. Ha scalato anche al Buco del Piombo. Nel 1978 ci eravamo messi in mente di salire il Fitz Roy per una nuova via dalla parete Nord Ovest. Eravamo i due di punta e il Fitz Roy era praticamente tutto inviolato tranne la Canaleta. Avevamo poco tempo e l’obiettivo principale è stato scartato. Così ci siamo concentrati sul pilastro Nord dove all’inizio era impegnata un’altra spedizione. Ci abbiamo messo lo zampino noi", ricorda Graziano. "Renato era forte ma ogni tanto litigavamo. Ricordo una volta sul Fitz Roy che avevo duecento metri corde sulle spalle e lui il suo zainetto. A un certo punto mi dice: “Vai avanti tu”...e allora ci mandavamo a quel paese. Anche quando siamo arrivati al colle, cercavamo un posto dove bivaccare. Era la prima esperienza con il vento della Patagonia e sapevo che poteva essere micidiale. Lui voleva mettere la tenda in un posto, io in un altro. Alla fine ho vinto io e l’abbiamo piazzata su un lastrone. Di notte si è alzato un vento potentissimo e se fossimo rimasti là ci avrebbe sicuramente spazzato via. Siamo stati lì cinque o sei giorni. Se andavo avanti io cercavo di mettere i cunei. Ne avevo fatti una cinquantina per il Fitz Roy. Lui invece cercava di salire in arrampicata. Se fossimo andati più veloci forse l’avremmo risolta. Poi abbiamo deciso di ritirarci ma abbiamo lasciato in parete un bel po’ di materiale. L’anno dopo lui è tornato e l’ha fatta in solitaria".
F.Ma.