
Negri Era una fiera di paese, ma molto aeronautica. Sul rettifilo d’asfalto della strada vicinale decollavano e atterravano aeromodelli...
Negri
Era una fiera di paese, ma molto aeronautica. Sul rettifilo d’asfalto della strada vicinale decollavano e atterravano aeromodelli bellissimi, la gente batteva le mani, tutti si divertivano. Non era stata una brutta idea invitare lì la sua ignara Beatrice adolescente, che si era presentata con due o tre amiche. Lui era comunque deciso a dichiararsi - come si usava nel paleolitico - e chiederle se voleva diventare la sua ragazza. Nell’aria fresca della sera di maggio c’era un vago sentore di letame. Ma ci erano abituati: la campagna era ancora seria e profonda, sconfinava nelle praterie indiane dell’ovest e poi, con un certo entusiasmo da spacconi, andava a confondersi, laggiù a sud, con la savana. Dove la gazzella di Thompson, i bufali e il leone in favore di vento coglievano nell’aria l’odore acido del cacciatore bianco. Lui raccontava alle ragazze queste cose da Hemingway della Martesana e le ragazze ridevano. Buon segno.
Beatrice lo guardava stupita e i suoi occhi sembravano più grandi. Da una specie di juke-box venivano fiotti di musica, valzer campestri. Tremando un po’, lui decise di decidersi. Ma in quel momento la musica cambiò: qualcuno aveva messo su una famigerata parodia in milanese di “A Montecarlo” di Johnny Dorelli. Era la turpe storia di un turista che, oppresso da un bisogno corporale impellente, non trovando una toilette libera in tutto il Principato, se l’era fatta addosso più volte e in diversi punti del paradiso fiscale monegasco. Il riferimento al prodotto del suo travaglio era continuo, ossessivo. La canzone si sarebbe potuta intitolare “Melma a Montecarlo” e ci siamo capiti. Lui, lei, le amiche e l’universo conosciuto sembrarono alluvionare in un mare di melma. Melma sulla sua dichiarazione impronunciata, melma sullo sguardo confuso di lei, sulle bandiere garrenti, sul bello che avrebbe dovuto salvare il mondo, ma c’era melma perfino sul letame in un tristo, definitivo ton-sur-ton. Era una generazione delicata: Beatrice e le amiche, camuffando l’imbarazzo con risolini nervosi, se ne andarono con una scusa. E lui restò solo, fra quella bruna esondazione, mentre la canzone non cessava di “scaricare“ il suo contenuto. Proprio una serata di melma.