Il capannone degli aiuti da mandare in Ucraina oggi è completamente vuoto

Bergamo, il magazzino va riconsegnato. Più rari i viaggi verso chi combatte

Il capannone degli aiuti da mandare in Ucraina oggi è completamente vuoto

Il capannone degli aiuti da mandare in Ucraina oggi è completamente vuoto

La guerra in Ucraina continua, negli ultimi mesi con attacchi sempre più cruenti. A Bergamo, però, la macchina degli aiuti fa sempre più fatica a raggiungere il Paese guidato dal presidente Volodymyr Zelensky. E la spola dal capoluogo orobico si è diradata. Il motivo è presto detto. Il 31 marzo scade il contratto di comodato d’uso del capannone di via Rovelli che Banca intesa San Paolo ha concesso all’associazione no profit Zlaghoda, composta da ucraini residenti in città, che si occupa di inviare aiuti umanitari alla popolazione civile: cibo, materiali per la scuola in scatola, medicinali. Lo spazio è stato venduto, e quindi molto probabilmente la nuova proprietà vorrà farci altro. Per questo i volontari hanno sospeso la raccolta di indumenti e ingombranti e hanno deciso di lanciare un appello perché di questo passo sarà sempre più difficile proseguire nell’attività e inviare aiuti oltreconfine a fronte di una guerra e di una situazione di emergenza che appaiono sempre più lontane dal risolversi.

"Un appello che facciamo con il cuore in gola – spiegano –. Sappiamo il valore degli immobili a Bergamo, ma magari qualcuno, o il Comune, ha dei magazzini non utilizzati che possono essere messi a nostra disposizione. Non chiediamo tanto, ci accontentiamo di 100 metri quadrati, sarebbero sufficienti. E se c’è bisogno di qualche lavoretto per sistemarli, l’associazione non si tira indietro. Con i nostri oltre sessanta iscritti, tutti cittadini ucraini da tempo residenti in Bergamasca, le forze e la volontà non mancano. Anche perché le richieste di aiuto non smettono un attimo di arrivare".

Martedì sera è partito un camion, messo a disposizione da un imprenditore ucraino, con destinazione la zona Nord-Ovest dell’Ucraina, al confine con la Bielorussia. Potrebbe essere stato l’ultimo. E prima di martedì l’ultimo carico era partito il 24 gennaio scorso. A dimostrazione delle difficoltà in cui si dibatte l’associazione Zlaghoda.

"Quando abbiamo iniziato a raccogliere i beni di prima necessità – ricordano i volontari ucraini – c’erano centinaia di persone ad aiutarci a riempire gli scatoloni. C’erano file di Tir ad aspettare di essere caricati. Ora, se ne arriva uno ogni tre mesi è una ‘festa’. Il magazzino è vuoto, i volontari si contano ormai sulle dita di una mano e mezza e i viaggi con gli aiuti umanitari sono sempre più difficili".

Michele Andreucci