Cerca la madre biologica per curare il tumore, la donna accetta di fare il prelievo

Inizialmente l'anziana aveva detto no perché temeva di perdere l'anonimato. Daniela Molinari: "E' una bella notizia, se fosse qui le direi grazie"

Una foto di Daniela Molinari presa dai profili social

Una foto di Daniela Molinari presa dai profili social

Como - "Questa per me è una bella notizia, se l'avessi qui le vorrei dire grazie. Ora sto aspettando la comunicazione ufficiale da parte del tribunale". A parlare è Daniela Molianri, l'infermiera di 47 anni malata di tumore che cercava la madre biologica per poter accedere a una cura sperimentale. La sua terribile vicenda sarebbe a un punto di svolta positivo. Dopo un iniziale no dell'anziana donna, che vuole in tutti i modi mantenere l'anonimato e che aveva negato il prelievo di sangue da cui estrarre il Dna, arriva la buona notizia: dopo diversi colloqui con gli psicologi del Tribunale dei Minori di Milano, che le hanno garantito il rispetto assoluto dell'anonimato, la donna, che poi ha avuto altri figli e ora è nonna, ha accettato di sottoporsi al prelievo che potrebbe salvare la vita della figlia. 

Si riaccende, dunque, la speranza per Daniela Molinari. La donna, che lavora in un reparto di psichiatria a Milano, è nata il 26 marzo 1973 all'orfanotrofio delle suore di Rebbio, nel comasco. La madre l'aveva abbandonata lì, dove era rimasta per due anni prima di essere adottata. La vita però ha costretto le strade delle due donne a incrociarso di nuovo quando la figlia ha scoperto di avere un tumore per il quale le è stata consigliata una cura sperimentale per cui serve il Dna di un genitore. Da lì è iniziata la sua battaglia per cercare la madre biologica.  Daniela aveva lanciato un appello dalle pagine de 'La Provincia di Como', e si era rivolta ai giudici per risalire all'identità della donna che l'aveva data alla luce. La donna poi è riuscita ad avere accesso al suo fascicolo, scoprendo che la madre non solo aveva preferito non essere nominata, ma aveva anche richiesto il ritiro della documentazione sanitaria. Ma poi il Tribunale dei Minori ha trovato la cartella clinica e lì il nome della donna c'era, ma non è bastato: la donna non aveva intenzione di rinunciare all'anonimato, e aveva rifiutato di sottoporsi al prelievo, che non poteva essere coattivo. Ora, pare, la svolta.