Eupilio (Como) – I due mesi dell’estate 1975 in cui Cristina Mazzotti è stata strappata al suo mondo e ai suoi affetti, sono rimasti uno dei ricordi più indelebili nella memoria di chiunque le era vicino, l’ha conosciuta e ha seguito il suo drammatico rapimento.
Tra questi, Emilio Magni, già all’epoca cronista, storica firma del Giorno, che fin dalla prima sera ha speso ogni minuto per occuparsi del sequestro di quella diciottenne conosciuta e amata da tutti. Ora ha pubblicato un libro, ‘Il rapimento di Cristina Mazzotti. Una buca, 5 centimetri d’aria’, Mursia editore, in cui ripercorre tutte le emozioni e i retroscena che, giorno per giorno, si sono legate a quella vicenda. E che ancora oggi non si sono cancellate.
“Conoscevo Cristina da quando è nata – ricorda –. L’ho vista crescere, la vedevo sempre al bar Bosisio di Erba, con gli amici. L’ultima volta è stato due o tre sere prima del rapimento, ha comprato una caramella da dare a mia figlia. Ogni volta che passo da lì, rivedo ancora quella scena”.
La sera del ritrovamento del corpo, due mesi dopo il sequestro, era stato lei ad andare a casa Mazzotti per dare la notizia?
“Era stata trovata nella discarica di Galliate, come indicato da Libero Ballinari, sotto la carrozzina. Erano circa le 21 e a breve la notizia sarebbe circolata. Il direttore mi aveva chiesto di andare ad avvisare la famiglia per evitare che lo venissero a sapere dalla televisione. Prima sono passato dal bar Bosisio, dove si viveva in attesa di notizie: quando hanno saputo, sono tutti crollati dal dolore. Ho portato con me Tonino, il figlio del proprietario, e siamo andati verso casa Mazzotti. Sul cancello mi è venuto incontro lo zio, ha capito e mi ha fatto entrare. Poi ho sentito l’urlo del padre di Cristina. E ancora oggi, quel grido non me lo dimentico…”.
Quella di Cristina Mazzotti è una storia che la gente sente molto, anche a distanza di tanti anni: cosa aveva colpito di questa vicenda?
“Rimane un ricordo doloroso, le persone si emozionano ancora quando se ne parla. Cristina era una ragazza semplice, con tanti amici, ed era stata la prima donna rapita e uccisa. In quel periodo, non potevo andare in giro senza che qualcuno mi fermasse per chiedere se c’erano novità. Il libro ha anche lo scopo di dare un’immagine diversa di questa ragazza, e qualcosa in più rispetto a ciò che è stato detto. Nessuno ha mai raccontato come era da piccola, che bambina era: ho sentito le amiche, mi hanno mostrato le foto. È sempre stata così, una ragazza allegra, serena, semplice e riservata, sempre molto misurata, ma entusiasta della vita. La sera in cui è stata rapita, festeggiava la promozione al liceo assieme ai suoi amici di sempre”.
Ci sono altri motivi per cui è stato scritto questo libro?
“Ho voluto ricostruire la fuga di Angelini e della Petroncini. La vita che facevano, grazie a una parte del riscatto. Ho trovato articoli che raccontavano le loro uscite dal carcere grazie alla legge Gozzini, la vita negli hotel a cinque stelle o in Costa Azzurra, le testimonianze di chi li ha accompagnati, compreso l’ultimo taxista. E poi, non dimentichiamo che in questa vicenda ci sono due omicidi di cambisti, che non sono mai stati risolti”.