ROBERTO CANALI
Cronaca

Contributo alla sanità, a cosa serve e quanto potrebbe costare ai frontalieri l’imposta voluta dal Governo

L’opposizione chiede di abbassare il massimale e limitare le aree di riscossione. In questo modo però il gettito verrebbe dimezzato passando da 100 a 40 milioni

Il contributo alla sanità imposto ai frontalieri accende lo scontro tra Governo e opposizioni

COMO – Non è la prima volta che i problemi dei frontalieri diventano argomento di scontro politico, questa volta però la polemica è tutta italiana e riguarda la il contributo per finanziare la sanità di confine previsto nella Finanziaria. Una tassa particolarmente invisa perché va a finanziare l’indennità di confine, prevista per evitare la fuga dei camici bianchi in Svizzera, attraverso un contributo chiesto proprio ai frontalieri. Nella proposta del Governo si tratta di un contributo che varia dal 3 al 6% del salario netto, con la decisione sull’esatto importo dell’aliquota lasciato alle regioni di confine. Il senatore del Partito Democratico, Alessandro Alfieri, ha depositato un emendamento per chiedere al Governo di ridurre l’entità del prelievo entro un massimo del 3,5%, e poi di sostituire la parola “confine" con “area di frontiera“ nell’articolo della Finanziaria in maniera tale da ridurre ulteriormente l’efficacia del provvedimento.

A conti fatti in questo modo si arriverebbe al dimezzamento del prelievo che passerebbe da un gettito stimato di 100 milioni di euro a poco più di 40 milioni. "Non è automatico che la nuova tassa sulla sanità per i frontalieri si tradurrà in un aumento di stipendio per medici e infermieri di confine - spiega Alfieri - Anzi, siccome è stata calata dall’alto, il rischio è che venga assorbita dalla fiscalità nazionale senza alcun beneficio".

Secondo l’esponente del Pd a mancare è il riferimento alla gradualità e alla progressività, principi base di ogni forma di tassazione. Poi c’è la questione legata alla procedura di infrazione avanzata dall’UE nei confronti dell’Italia legata all’assegno unico che i frontalieri non hanno mai percepito. "Auspichiamo che a fronte di queste procedure di infrazione europee il Governo italiano ripristini almeno gli assegni e le detrazioni familiari per gli italiani all’estero che prima ne avevano diritto ma che dal 2022 ne sono stati privati - chiede l’onorevole Fabio Porta del Pd - Il contenzioso che ora si è innescato potrebbe quindi riaprire il tema degli assegni e le detrazioni familiari per figli a carico per i residenti all’estero, attualmente eliminati, per figli residenti all’estero dei lavoratori residenti in Italia. Ora negati perché i figli, in base alla norma, devono far parte del nucleo familiare ISEE e cioè conviventi".