Como, la maledizione dello stadio Sinigaglia: Borgonovo e gli altri, quanti morti di Sla

Dall’acqua grezza ai pesticidi, dubbi e interrogativi. Sono almeno una decina le vecchie glorie del club lariano stroncate negli anni da mali incurabili

Lo stadio Sinigaglia di Como

Lo stadio Sinigaglia di Como

Como, 18 marzo 2023 – Un tragico scherzo del destino, una macabra coincidenza, una terribile maledizione. Oppure altro. Perché tanti ex calciatori che hanno indossato la maglia del Como sono morti precocemente a causa di malattie rare?

Se lo chiede la vedova di Stefano Borgonovo e molti altri familiari che hanno subìto lutti dall’inizio del nuovo millennio. Il mistero del lago cerca risposte. Di fatto sono una decina i casi di sclerosi laterale amiotrofica che hanno “toccato“ vecchie glorie del club lariano. E se il nome più celebre è proprio è proprio quello del bomber di Giussano (86 presenze e 15 reti col Como), non si possono dimenticare altri idoli della tifoseria deceduti prematuramente. Di Sla morì nel 2001 a soli 60 anni Celestino Meroni, fratello del più celebre Gigi: entrambi cominciarono la carriera con il club lombardo. Nel 2009 stessa sorte toccò al difensore Maurizio Gabbana che indossò la maglia azzurra per due stagioni negli anni Settanta in serie B. Nel novembre del 2014, dopo un’agonia di circa vent’anni nel letto della sua casa di Albiate, si spense Piergiorgio Corno, già calciatore del Como e dell’Atalanta negli anni Sessanta. E poi l’indimenticato Adriano Lombardi, conosciuto come ‘il rosso’ per via dei capelli: giocò in riva al lago con Tardelli e Vierchowod, fu anche il capitano dell’Avellino e la malattia lo portò via il 30 novembre del 2007. Di Lombardi era stato compagno di squadra l’italo-brasiliano Albano Canazza, morto nel 2000 a soli 38 anni. Pure lui a causa della Sla.

Il destino si è accanito anche contro altri ragazzi del lago: su tutti Andrea Fortunato, esploso col Como in serie B e ucciso dalla leucemia a soli 23 anni. E poi il difensore Giuseppe Longoni, costretto su una sedia a rotelle da una forma di vasculopatia cardiaca che poi lo avrebbe portato alla morte nel 2006 all’età di 63 anni. Tutti legati da un unico filo conduttore, anzi dai fili d’erba bagnati dall’umidità calpestati sul campo d’allenamento di Orsenigo e sul prato del Sinigaglia.

Volle vederci chiaro il pm Raffaele Guariniello, il primo a ‘scavare’ tra i morti e i malati di Sla (e non solo): il manto verde dell’impianto comasco finì dentro un fascicolo d’inchiesta per i timori legati alle sostanze utilizzate per trattare l’erba, dalle vernici ai pesticidi fino a diserbanti vari. Senza dimenticare i dubbi sulla possibile presenza di scorie (nocive) di fonderia proprio sotto il terreno di gioco del Sinigaglia. Dopo alcuni sopralluoghi gli uomini di Guariniello portarono via avanzi di antiparassitari e vecchi barattoli di vernice verde per valutare eventuali effetti neurotossici delle sostanze. Negli ultimi mesi altri inquietanti dubbi: inchieste scientifiche rivelano come l’acqua grezza usata sui campi di calcio possa causare il morbo, e dunque la vicinanza di stadi (come il Sinigaglia) a laghi o corsi d’acqua è un fattore di rischio. Ipotesi. Aspettando la verità.