
L'uomo è finito davanti al Tribunale collegiale di Como
Como, 10 dicembre 2015 - L'aveva definita «una cosa brutta», subito la mattina dopo, per raccontare cosa le aveva fatto una persona che lei considerava di fiducia. Quell'uomo, che lavorava nella struttura assistenziale dove da tempo lei era ricoverata in gravi condizioni di disabilità mentale, aveva chiuso la porta approfittando dell'assenza della sua compagna di stanza. Poi l'aveva fatta spogliare, abusando di lei. Per quella violenza sessuale, commessa approfittando della minorata difesa e del ruolo di accudimento e cura che gli era stato affidato, ieri è stato condannato a 7 anni di carcere William Reina Cetina, 52 anni residente a Como, operatore sanitario dipendente della struttura terapeutica in cui la donna era ricoverata.
L'episodio risale al gennaio 2013, quando la vittima era rimasta da sola nella stanza che abitualmente condivideva con un'altra degente. Da quel momento, secondo quanto raccontato della donna poche ore dopo, e ritenuto credibile dai giudici, erano iniziati gli approcci che avevano portato alla violenza sessuale. Quando, il giorno dopo, aveva iniziato a raccontare ad altre persone all'interno della struttura cosa le era accaduto, con grande disappunto e definendola appunto «una cosa brutta», era stata subito disposta l'audizione da parte di uno psichiatra, proprio in considerazione delle sue condizioni di ritardo mentale, e della possibilità che potesse sorgere l'esigenza di interpretare con attenzione quanto stava dicendo.
Il consulente aveva affermato nella sua relazione, che la donna era in grado di «percepire correttamente la realtà e di riferirla», e che non soffriva di disturbi tali da ritenere il suo racconto «fantastico o fabulatorio, o frutto di autosuggestioni». Le sue affermazioni erano quindi apparse coerenti e fondate, tanto che a ottobre successivo, a fronte di una serie di risultanze dell'indagine coordinata dal sostituto procuratore di Como Simona De Salvo, a Reina Cetina era stata applicata una misura interdittiva che lo sospendeva dall'esercizio della sua professione di operatore sanitario. L'uomo ha comunque scelto di andare a dibattimento per difendersi dal quell'accusa, finendo così davanti al Tribunale Collegiale di Como, dove sono finite le fonti di prova raccolte a suo carico nelle indagini condotte dalla Squadra Mobile di Como. Il pubblico ministero ha chiesto per lui una condanna a otto anni di carcere, di fatto accolta dal Tribunale – Gianluca Ortore, Nicoletta Cremona, Carlo Cecchetti – che dopo un'ora di camera di consiglio lo ha condannato a sette anni di carcere, all'interdizione perpetua dai pubblici uffici e da qualunque incarico attinente la cura della persona. A favore della parte civile, che si è costituita nel processo, è stato inoltre disposto un risarcimento del danno di 50mila euro.