Cinquemila richiedenti asilo da riconoscere: la ‘guerra’ di confine tra Italia e Svizzera che vuole mandarli indietro

Il caso dei migranti arrivati in Canton Ticino dalla Lombardia: Berna chiede a Roma di riaccoglierli per sbrigare le procedure Ue. Settimana prossima incontro decisivo

Controlli sul confine Como-Chiasso

Controlli sul confine Como-Chiasso

Rischia di trasformarsi in una crisi diplomatica il muro contro muro sulla questione migranti tra Italia e Svizzera. Tutto è iniziato a dicembre quando il nostro Paese, spinto dall’emergenza per la continua ondata di sbarchi lungo il Canale di Sicilia, ha deciso di sospendere unilateralmente la Convenzione di Dublino che attribuisce allo Stato di prima accoglienza, o primo approdo, l’onere di occuparsi delle procedure di asilo. In pratica anche se il richiedente asilo intende andarsene a vivere in un altro Stato, è compito dell’Italia stabilire da dove arriva e se ha diritto a ricevere l’assistenza internazionale in base agli accordi in vigore all’interno dell’Ue.

Da dicembre però le cose sono cambiate e anche se non è scattato un vero e proprio “liberi tutti“ il nostro Stato si rifiuta di riprendere indietro i richiedenti asilo che riescono a passare il confine.

Inutile dire che la prima a rimetterci è stata la Svizzera, che non fa neppure parte dell’Ue e si trova nell’ingrato compito di dover accogliere, controvoglia, migranti in fuga dal Nord Africa che spesso non vogliono neppure richiedere la cittadinanza nella Confederazione bensì sono diretti in Germania o nei Paesi Bassi, che naturalmente si guardano bene dall’accoglierli.

Negli ultimi sei mesi si stima che siano stati oltre 5mila i richiedenti asilo in fuga dall’Italia ed entrati in Svizzera, quasi tutti dal Canton Ticino. La prossima settimana la consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider  sarà in visita ufficiale a Roma per incontrare il suo omologo, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, e capire se l’Italia intenda o meno tornare sui propri passi.

Pur di risolvere il problema, che sta creando tensioni anche nella stessa Confederazione Elvetica visto che i richiedenti asilo vengono a loro volta redistribuiti tra i singoli Cantoni e alcuni hanno esaurito la disponibilità di alloggi, sul tavolo potrebbero essere messi anche sostegni finanziari a beneficio dell’Italia a patto che si riprenda indietro i “propri“ migranti.

Il fattore tempo non è per nulla secondario visto che, sempre nelle more dell’Accordo di Dublino, se uno straniero rimane per sei mesi nel territorio di un altro Stato, a quel punto l’onore del riconoscimento della procedura di asilo passa di mano: quel che è accaduto con una quarantina di migranti che ormai da oltre sei mesi sono in Svizzera e l’Italia, nonostante i ripetuti solleciti, si guarda bene dal riprendersi indietro.