“Cavalli di razza“, Stillitano resta in carcere

Rigettata l’istanza del 38enne di Cislago finito in cella con l’ipotesi di associazione mafiosa

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L’ordinanza di custodia cautelare che a novembre ha condotto in carcere più di 50 persone, coinvolte nell’indagine "Cavalli di razza" condotta dalla Dda di Milano, "non presente profili di illogicità". Così il ricorso per Cassazione presentato da Andrea Stillitano, 38 anni di Cislago, ha spinto di giudici della Suprema Corte, nel motivare il rigetto dell’istanza, ad esprimersi sulla fondatezza generale della misura cautelare, al di là della singola posizione del ricorrente. Finito in carcere con l’ipotesi di associazione per delinquere di stampo ‘ndraghetista, gli viene contestato di aver aiutato Antonio Salemi, ritenuto uno dei vertici dell’associazione, "nella conservazione del monopolio delle commesse di trasporto della società Spumador, imposto alla stessa società, avvisandolo degli eventuali affidamenti ad autotrasportatori estranei al cartello costituito nell’interesse dell’associazione". Ma, allo stesso tempo, sembra radicare la stessa posizione di Andrea Stillitano e del fratello Domenico: secondo la Cassazione, l’affermazione che i due "agivano all’unisono", arriva a conclusione di "una valutazione congiunta di plurimi indizi", tali per cui non è illogico ritenere che "il rapporto tra Salemi e gli Stillitano non aveva natura meramente commerciale, ma si svolgeva nell’ambito della comune appartenenza mafiosa", concludendo con un giudizio di "quadro indiziario già ben delineato nella sua gravità". Pa.Pi.