Campione, si sveglia il gigante vuoto: viaggio nel casinò chiuso da 3 anni

Dentro le sale sbarrate il 27 luglio 2018: fiche in ordine e polvere sulle roulette. Speranza, ma non per tutti

I grandi tavoli delle roulette al casinò di Campione

I grandi tavoli delle roulette al casinò di Campione

Campione d'Italia (Como) - Come nelle fiabe è un gigante addormentato che attende di risvegliarsi il Casinò Campione d’Italia, chiuso il 27 luglio del 2018 da una sentenza della sezione fallimentare del Tribunale di Como che nei giorni scorsi, dopo mille vicissitudini come spesso capita nel nostro Paese, ha riesaminato la questione e deciso che la casa da gioco può tornare a riaprire.

In paese non vedono l’ora anche perché da queste parti l’industria del gioco ha sempre rappresentato l’unica fonte di reddito possibile, circondati come sono dalla Svizzera dove ogni cosa costa il doppio e anche il triplo rispetto al resto d’Italia. Prima che arrivassero gli ufficiali giudiziari ad apporre i sigilli qui dentro lavoravano quasi 500 persone, adesso saranno fortunati i 170 che potranno tornarci. Sperano i croupier che forse non torneranno tutti, ma infondo sanno di essere indispensabili come i sacerdoti di un rito pagano, sono in bilico tutti i lavoratori che gravitavano in quei settori che la casa da gioco si è impegnata a esternalizzare nel concordato con il tribunale. Chi tornerà a sedersi ai tavoli per riprendere il lavoro o per ricominciare a giocare non farà fatica a orientarsi perché il casinò questi tre anni è stato conservato alla perfezione. Nei grandi saloni, a parte un po’ di polvere, tutto è rimasto perfettamente com’era: le roulette chiuse, con fiche messe in ordine di valore, gli sgabelli perfettamente disposti e i rastrelli con cui si raccoglievano le puntate appoggiati sul tappeto verde, pronti a raccogliere nuovi utili con i quali ripagare un po’ di quel buco milionario che ha rischiato seriamente di far saltare il banco per sempre. Mancano alcune slot machine che erano posizionate lì in concessione, riprese dalle società proprietarie, mentre le storiche Cherry che invece appartengono al Casinò sono al loro posto. Allineate e silenziose. Ogni dispositivo funziona alla perfezione anche se qui dentro non c’è più anima viva ormai da quasi tre anni, merito del personale della casa da gioco che per spegnere tutto ci impiegò quasi un giorno.

"Abbiamo atteso con pazienza perché sapevamo che un giorno tutto questo sarebbe ripartito – racconta chi in tutti i questi mesi ha vigilato sul gigante addormentato –. La speranza di tornare non l’abbiamo mai persa, ma sarebbe una bugia dire che non è stata dura arrivare fino a qui. Questa struttura è nata per accogliere la gente, un’azienda che non si fermava mai di notte e di giorno, eppure per tre anni qui dentro hanno regnato solo il silenzio e la solitudine". Come se nella Città del Vaticano qualcuno decidesse all’improvviso di mettere i sigilli a San Pietro, a Campione d’Italia che misura solo 2,8 chilometri quadrati non imbattersi nel casinò che è alto 9 piani e occupa una superficie di 55mila metri quadrati, come 5 campi di calcio, è praticamente impossibile. "Questa è la nostra Ferrari e adesso chiediamo solo di poterla lanciare a pieni giri. Tempo due anni e ripaghiamo tutti i debiti". A Campione d’Italia hanno ricominciato a sognare.