Cadorago, esecuzione per punire uno sgarbo: assassini presi dopo 10 anni

Arrestati due uomini vicini alla ’ndrangheta

L'omicidio di Franco Mancuso nell'agosto del 2008 (Cusa)

L'omicidio di Franco Mancuso nell'agosto del 2008 (Cusa)

Cadorago (Como), 13 gennaio 2019 - Franco Mancuso aveva sfondato con un piede di porco il cofano della jeep di Bartolomeo Iaconis. Era successo nel maggio del 2008, al termine di una lite avvenuta per motivi banali all’interno del bar di Iaconis, il Bulldog di Caslino al Piano. Qualche settimana dopo, l’8 agosto, Mancuso veniva ucciso da tre colpi di pistola, esplosi a distanza ravvicinata mentre si trovava all’interno del bar Arcobaleno, a Bulgorello di Cadorago. Un omicidio per il quale ieri mattina sono stati arrestati Bartolomeo Iaconis, 60 anni, ritenuto il mandante, intenzionato a vendicare l’affronto subito da Mancuso, e Luciano Rullo, 50 anni, accusato di essere l’esecutore. Le indagini dei carabinieri di Como fin da subito si erano indirizzate in questa direzione, raccogliendo una serie di indizi, e mettendo a fuoco il contesto in cui era avvenuto il delitto.

Poche settimane dopo, il fascicolo era infatti passato alla Dda di Milano, ritenendo che tutti i personaggi coinvolti fossero riconducibili a un contesto di criminalità organizzata calabrese. Ma all’epoca le indagini non erano arrivate a raccogliere prove certe del movente e della responsabilità di Iaconis e Rullo.

La svolta è arrivata tra gennaio e febbraio 2015, quando il pentito Luciano Nocera, durante gli interrogatori resi davanti ai magistrati della Dda di Milano, ha confermato che l’esecutore di quell’omicidio era Luciano Rullo, con cui si conosceva da tempo, e che si era confidato con lui. «Aveva da poco acquistato un bar – aveva raccontato Nocera – ma quell’attività era durata poco perché non entrava nessuno: a seguito dell’omicidio Mancuso i carabinieri sospettavano un suo coinvolgimento, e bazzicavano sempre attorno al locale, così i potenziali clienti non si avvicinavano. Rullo mi aveva detto che non aveva più pace, gli stavano addosso. Addirittura sua moglie lo aveva lasciato perché aveva scoperto che erano state posizionate delle microspie nel lampadario della sala».

Partendo da queste dichiarazioni, e dai riscontri dell’indagine del 2008, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Como e del Ros di Milano hanno riaperto le indagini, arrivando a integrare una serie di aspetti, fino a eseguire l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Milano. Secondo le accuse Rullo, incaricato da Iaconis, l’8 agosto 2008, poco prima delle 17.30, avrebbe raggiunto il bar Arcobaleno di via Monte Rosa, realizzando un agguato «con tipiche modalità mafiose», davanti a una quantità di testimoni, buona parte dei quali soggetti calabresi con precedenti penali. Indossando un casco integrale, si era avvicinato lentamente al tavolo al quale era seduto Mancuso e gli aveva sparato tre volte: al fianco, alla spalla e al cuore. Si era poi allontanato a bordo di una moto di grossa cilindrata lasciata parcheggiata con il motore acceso all’esterno del cortile, e poi bruciata in un bosco vicino al cimitero di Socco. A Rullo, successivamente coinvolto nell’operazione Insubria del 2014, e tuttora detenuto, l’ordinanza è stata notificata in carcere.