BEATRICE RASPA
Cronaca

Suor Anna Donelli spiega al pm i suoi rapporti con i boss. “Il Vangelo non giudica”

Brescia, la religiosa è stata sentita per due ore e mezza sulla presunta amicizia con i Tripodi. Il legale: “Quando dicono ‘è una dei nostri’ è solo millanteria”

Suor Anna Donelli all’ingresso del tribunale di Brescia per l’interrogatorio

Suor Anna Donelli all’ingresso del tribunale di Brescia per l’interrogatorio

Brescia – Due ore e mezza abbondanti di interrogatorio, durante il quale ha contestato punto per punto le condotte che la procura - con l’avallo del gip - le imputa. Suor Anna Donelli, la 57enne religiosa cremonese storica volontaria delle carceri - da San Vittore, a Milano, a Canton Mombello, a Brescia - non ci sta a passare per l’amica dei boss della cosca. Dalla scorsa settimana è ai domiciliari nella sua abitazione alla periferia di Milano, nell’ambito di una doppia inchiesta della Dda di Brescia, appunto con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Per gli inquirenti ha dato una mano concreta e continuativa a Stefano Terzo Tripodi e al figlio Francesco, presunti capi di una potente ‘locale’ ‘ndranghestista contigua alla cosca calabrese Alvaro di Sant’ Eufemia d’Aspromonte, radicata nel Bresciano, capace di attrarre nella propria orbita imprenditori, politici e persino, stando all’accusa, proprio una religiosa.

“Lei è una dei nostri” diceva Tripodi senior, intercettato. Suor Anna nella prospettazione accusatoria era un’ambasciatrice di “ordini, direttive, aiuti morali e materiali ai sodali o contigui” finiti dietro le sbarre, ha scritto il gip, Andrea Guerrerio, che ha firmato oltre 30 misure cautelari e il sequestro di 1,8 milioni di euro. In definitiva per chi indaga, la religiosa aiutava a pianificare strategie criminali di reazione alle attività delle forze dell’ordine e della procura. Dava una mano ai reclusi per farli comunicare con i parenti pur in presenza di un divieto e risolveva dissidi tra fazioni in carcere per conto del boss, che le consigliava di presentarsi come “L’amica di Stefano”. Andava a trovarlo nella sua officina di Flero e in sua presenza Tripodi senior si mostrava orgoglioso che un dipendente - Andrea Costante, tra gli arrestati - stesse imparando bene a sparare, così poi lo avrebbe mandato a fare le rapine.

Cappuccio sollevato in testa, passo svelto, suor Anna è arrivata al palagiustizia poco prima delle 10 e se ne è andata alle 12.30 passate. Sul volto l’amarezza e il disagio per un ruolo che le è stato cucito addosso suo malgrado. Una telecamera finisce a terra, lei si sfoga: “Basta”.

“Suor Anna si è soffermata su ogni intercettazione contestata – ha chiarito il suo avvocato Robert Ranieli –. Lei non ha fatto nulla, sono gli altri che hanno parlato”. Per il legale quando Tripodi dice “la suora è dei nostri”, millanta. “Suor Anna non era consapevole del ruolo criminale dei Tripodi, si è sempre limitata a svolgere il suo ruolo evangelico senza giudicare, non ha mai fatto la maestrina con nessuno. I Tripodi li aveva conosciuti quando per un periodo aveva lavorato e vissuto in una comunità a Brescia e poi li ha ritrovati a San Vittore. Il fatto che fosse andata a trovarli nell’officina di Flero non è da interpretare male: semplicemente è capitato avesse bisogno di una loro consulenza in veste di meccanici per una contravvenzione”, ha proseguito Ranieli, riferendosi a un’intercettazione in cui la religiosa in seguito a un incidente capitato a una nipote sosteneva che avrebbe risolto il guaio parlandone con i “suoi amici”. “Suor Anna è un angelo degli ultimi. Ci fossero più persone come lei e il mondo sarebbe migliore”, ha concluso l’avvocato, che ha chiesto per la sua assistita la revoca della misura cautelare. Il gip si è riservato la decisione.