
Lo “Skanderbeg Building” di Tirana, in Albania
Milano, 22agosto 2025 – Il lato oscuro dell’architettura non è mai stato così affascinante. In passato gli utenti del web scrollavano i loro social alla ricerca di luoghi ed edifici esteticamente perfetti, ma l’approdo su Instagram di ‘Architerror’ ha decisamente cambiato le carte in tavola; la pagina creata dall’architetto bresciano 51enne Massimo Adiansi raccoglie e cataloga tutte le bizzarrie che il suo settore ha da offrire.
Un profilo che, come un album fotografico degli orrori, immortala i mostri urbani disseminati per le strade delle città di tutto il mondo. Un profilo nato un po’ per gioco che, in poco tempo, ha attratto utenti di ogni genere: dagli studenti di architettura che con curiosità esaminano tutto ciò che di assurdo il proprio ambito è in grado di progettare a chi, senza peli sulla lingua, ammette di amare la bruttezza di certi edifici, anzi di trovarli persino belli.
Per Massimo Adiansi la sua non è unicamente una pagina satirica, ma è una lente d’ingrandimento che gli permette di studiare da vicino le tendenze del futuro: “Il brutto di oggi potrebbe diventare il bello di domani”.
Adiansi, lei sui social racconta il lato oscuro dell’architettura: com’è nata questa idea?
“Tutto ciò che è bizzarro o fuori dagli schemi mi ha sempre affascinato. Da piccolo passavo spesso da Cremona e durante il mio percorso mi imbattevo sempre in questa casa molto stravagante: viaggiavo con la mente e grazie alla fantasia che caratterizza i bambini immaginavo fosse una navicella spaziale. Credo che l’interesse nei confronti del lato oscuro e kitsch delle cose faccia parte del mio Dna. E qualche anno fa, un po’ per gioco, ho aperto questo profilo Instagram che, in poco tempo, è diventato un punto di riferimento per gli amanti dell’architettura brutta”.
Perché gli edifici brutti suscitano così tanta attrazione?
“Perché il bello stanca. Ciò che affascina di più e resta impresso nella mente di ognuno di noi è il difetto, la stravaganza. Spesso subiamo passivamente la bellezza, mentre tutto ciò che è bizzarro ci spinge a riflettere, a muovere delle critiche e ci rende spettatori attivi della costruzione che abbiamo di fronte”.
Qual è il suo edificio brutto preferito?
“È una scelta molto difficile: ho analizzato così tante strutture brutte da essere riuscito a individuare persino delle correnti artistiche. C’è, però, una costruzione nel bresciano che occupa un posto speciale nel mio cuore: si tratta di una finta torre diroccata. Diciamo che potrebbe definirsi un falso: emula lo stile tipicamente medievale, ma in realtà ha pochi anni di vita. Fosse per me lo renderei un edificio storico ad honorem”.
Oltre alla finta torre, in Lombardia ci sono degli edifici veramente bizzarri?
“Nel Cremonese, precisamente ad Annicco, c’è una struttura stravagante: una gigantesca casa a forma di nave posizionata nel bel mezzo della Pianura Padana. Invece, in provincia di Bergamo, c’è una torre piezometrica a forma di enorme colonna dorica che si erge in aperta campagna”.
Ma la costruzione di questi edifici non dovrebbe essere vietata?
“Ormai non esistono più le commissioni dell’ornato, quindi la decisione ricade unicamente sulle commissioni per il paesaggio. Non sempre, però, sono chiamate a dare un giudizio ed ecco che, per questa ragione, abbiamo una bella collezione di strutture bizzarre disseminate in giro per l’Italia”.
Perché dare spazio a ciò che è diversamente bello?
“Bisogna fare una distinzione: esistono strutture oggettivamente brutte, ma anche edifici catalogati come tali unicamente perché non rispettano gli attuali canoni estetici imposti. Un esempio proveniente dal passato sono i palazzi brutalisti: un tempo quei giganti di cemento facevano ribrezzo, ora hanno ritrovato una loro dignità e sono molto apprezzati. Studiare il brutto è un modo per leggere il presente in cui abitiamo e ragionare sul futuro che ci aspetta”.