GABRIELE MORONI
Cronaca

Strage di Brescia, l’orrore annunciato: "Quei segnali sottovalutati. Ma la città ne uscì unita"

Ettore Fermi guidava il Comitato Antifascista: c’erano stati ordigni e incursioni: "La manifestazione era una risposta. Fui sollevato dallo spostamento d’aria"

Ettore Fermi a sinistra in piazza Loggia nei primi Anni 70 quando fu anche assessore a Sport e servizi demografici

Ettore Fermi a sinistra in piazza Loggia nei primi Anni 70 quando fu anche assessore a Sport e servizi demografici

Brescia – A Brescia uno stillicidio di episodi, di attentati dinamitardi, come segni premonitori di quanto sarebbe accaduto in piazza della Loggia. Gli attacchi all’Anpi e alla federazione provinciale del Psi. L’ordigno scoppiato all’entrata di un supermercato e rivendicato dalla S.A.M. (Squadre di Azione Mussolini). La borsa dimenticata da alcuni giorni all’interno della sede della Cisl: dentro, un detonatore e una miccia che fortunatamente si è spenta. I ripetuti allarmi lanciati e rimasti inascoltati. In quel terribile 1974 Ettore Fermi, architetto, urbanista, socialista, è presidente del Comitato Unitario Permanente Antifascista di Brescia e assessore comunale a Sport e servizi demografici.

«Il Comitato - rievoca Fermi - si era costituito da poco, dopo un serie di attentati e incursioni di matrice fascista. Insieme con Italo Nicoletto, deputato comunista, ed Ermes Gatti, dell’associazione Fiamme Verdi, avevamo segnalato più volte in Procura e in Prefettura quanto stava accadendo e manifestato la nostra grande preoccupazione. Era un continuo: un attentato e subito la nostra visita. L’iniziativa della manifestazione è nata con la morte di Silvio Ferrari, ucciso dall’esplosione dell’ordigno che avrebbe voluto collocare davanti alla sede della Cisl. È stato quello il momento in cui si è detto ‘basta’. Ci sarebbe stato un comizio, in piazza della Loggia secondo tradizione, con interventi di Franco Castrezzati, della Cisl, e Adelio Terraroli, deputato del Pci".

«Avevo il mio ufficio di assessore al Broletto. Alle dieci del mattino (del 28 maggio ’74, ndr ) ero con Nicoletto. Si facevano delle riflessioni sul dopo manifestazione, vista la folta partecipazione che si era registrata. Abbiamo parlato per un quarto d’ora. Sono sceso. Avrò percorso non più di una decina di metri, dirigendomi verso il palco, che era nel mezzo di piazza della Loggia. L’esplosione è stata allora. Mi sono sentito spingere in avanti dallo spostamento d’aria. Ero a due passi da lui e ho visto morire Alberto Trebeschi, nipote di Cesare Trebeschi, che l’anno dopo sarebbe diventato sindaco, succedendo a Bruno Boni. Il servizio d’ordine del sindacato ha fatto un grosso lavoro, bloccando la gente per il timore che ci fossero altre bombe piazzate nei pressi. Nello stesso tempo ha fermato chi avrebbe voluto partire per una sorta di spedizione punitiva contro elementi conosciuti come neofascisti". A mezzogiorno viene dato l’ordine di lavare la piazza dal sangue e dai pezzi di corpo, un’operazione che cancella reperti, tracce, prove importanti, forse decisive.

"Il Comitato - ricorda Fermi - si è riunito nella sala giunta della Provincia. Come si può facilmente immaginare, eravamo tutti coinvolti. Nell’attentato era morta anche la moglie di un mio collega di giunta, Luigi Bazoli, assessore all’Urbanistica. Abbiamo cercato di agire con la maggiore lucidità possibile. In questo abbiamo ricevuto un grande sostegno dalla città. La risposta di Brescia è stata straordinaria. La città era ferita, era sconvolta, però reggeva. La pressione era enorme, ma nonostante questo i principi democratici rimanevano saldi. Brescia ha dato una grande prova di civiltà, di resilienza. Si era ritrovata divisa dopo la guerra e la prima fase post bellica. La strage l’ha resa unita. È venuto il momento in cui ci siamo trovati faccia a faccia con gli interlocutori a cui avevamo manifestato, inutilmente, la nostra preoccupazione. La risposta è stata il silenzio".

«Quanto alle spiegazioni di questa sottovalutazione, si può tentare di darne alcune. Un atteggiamento di fondo per così dire passivo, fermo, poco propenso ad analizzare il momento storico che si viveva e una società che stava cambiando. Forse hanno contato anche certe scorie dell’ultimo fascismo. Non dimentichiamo che nel Bresciano il fascismo aveva vissuto il suo epilogo con la Repubblica di Salò. Ancora oggi si fa fatica a dire che quella di piazza della Loggia è stata una strage fascista. Attendiamo gli ultimi processi e le decisioni definitive della magistratura".