BEATRICE RASPA
Cronaca

Caso Sana, l’Italia vuol fare giustizia

Il guardasigilli Alfonso Bonafede ha firmato la procedibilità per il caso della 25enne italo-pakistana

In piazza per chiedere che sulla vicenda sia fatta totale chiarezza

In piazza per chiedere che sulla vicenda sia fatta totale chiarezza

Brescia, 28 marzo 2019 - Sulla fine di Sana le autorità italiane perseguano i responsabili dell’omicidio. l’invito è accompagnato da un atto ufficiale: il guardasigilli Alfonso Bonafede ha firmato la procedibilità per il caso della 25enne italo-pakistana morta il 18 aprile 2018 a Magowal, Pakistan, dopo avere rifiutato le nozze combinate con un cugino. Sulla vicenda rischiava di calare il silenzio.

A metà marzo la session court di Gujrat aveva assolto per «beneficio del dubbio» padre, fratello maggiore, madre, zio, zia e altri sei parenti della ragazza, tutti coinvolti a vario titolo in quello che secondo la polizia del luogo appariva come un delitto d’onore contro la famiglia e la casta dei Cheema. La corte però non ha ritenuto congruenti i 15 testi dell’accusa, ha sconfessato il movente non trovando prove della presunta immoralità di Sana e ha messo in dubbio l’esito dell’autopsia, secondo cui la ragazza è morta per asfissia e strangolamento. l’osso ioide, tra laringe e mandibola, è slogato ma per la difesa questo mal si concilia con la contestazione. «Sana è morta per debolezza» è la versione ripetuta dal clan. Eppure prima di essere arrestati mustafa cheema, il padre della giovane bresciana con la cittadinanza italiana come lei, e il fratello maggiore, Adnan, avevano confessato, condotto gli investigatori sul luogo del delitto - la casa di famiglia nel villaggio a mangowal - e consegnato «l’arma»: un turbante usato come corda. dichiarazioni poi ritrattate.

Il colpo di spugna aveva sollevato un’ondata di indignazione e il procuratore generale, pierluigi dell’osso, ha giocato la carta dell’avocazione di un’inchiesta aperta in Procura a Brescia la scorsa primavera senza reati e senza indagati e ormai prossima all’archiviazione. Ha iscritto al registro degli indagati per omicidio premeditato pluriaggravato padre e fratello di sana, e lascia intendere nuove iscrizioni. A cominciare da quella della mamma, nargis tahira, già processata e assolta ma «consapevole del piano di soppressione, tanto che con sé aveva il cellulare della figlia con cui aveva fatto una serie di chiamate». In vista della formulazione dell’imputazione serviva l’autorizzazione del ministero, essenziale in caso di assenza sul territorio nazionale di autori di reato all’estero. Il via libera è arrivato. «L’ambasciatore stefano pontecorvo si è recato più volte nella remota regione di gujrat per acquisire l’intero fascicolo processuale e quello di polizia, senza obiezioni delle autorità locali». carte alla mano («arriveranno a breve ma bisognerà tradurle dall’urdu») il primo passo sarà incaricare un super esperto per eseguire una consulenza sui referti autoptici. «nessuno mai è morto per debolezza in assenza di patologie. questo è un femminicidio maturato in un ambiente governato dall’islam e configurabile come delitto politico, in violazione dei diritti fondamentali».