PAOLO VERRI
Cronaca

Moglie comprata e segregata: "L’adulterio non giustifica"

Brescia, l’avvocato della giovane donna bengalese ricorre contro l’assoluzione del marito

Il tribunale di Brescia

Il tribunale di Brescia

Brescia – Aveva sollevato clamore la sentenza di primo grado quando, pur con i vari distinguo portati dalla Procura, nell’ottobre scorso un quarantenne bengalese accusato di maltrattamenti e violenza sessuale nei confronti dell’ex moglie connazionale di 28 anni era stato assolto "perché il fatto non sussiste". Assoluzione chiesta dal pm che riteneva le accuse infondate "difettando l’abitualità delle condotte", aggiungendo nella sua conclusione scritta che "i contegni di compressione delle libertà morali e materiali della donna… sono il frutto dell’impianto culturale, e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge".

Nel ricorrere contro l’assoluzione l’avvocato di parte civile Valentina Guerrisi pone l’accento su alcuni passaggi delle motivazioni addotte dai giudici sul comportamento presunto tenuto dalla vittima "una nuova scriminante, quella dell’adulterio, anche peggio rispetto a quella paventata dall’accusa di una presunta quanto inesistente scriminante culturale".

In particolare la difesa sostiene che il Tribunale abbia ignorato "le fotografie delle violenze, comprese quelle inerenti l’obbligo di indossare i vestiti tradizionali per concentrarsi sui messaggi tra la donna e il capitano della Guardia di Finanza (col quale lei aveva una relazione, ndr ) del tutto irrilevanti per i fatti in contestazione e carpiti illecitamente dall’imputato al solo fine di contrastare il tentativo della moglie di liberarsi dal suo giogo".

"Nello stigmatizzare le dichiarazioni del capitano – scrive l’avvocato Guerrisi – si afferma che “è inafferrabile per il collegio il significato di emancipazione che racchiude l’invio di foto in biancheria intima”. È sufficiente tale frase per spiegare il percorso inquinante seguito dalla valutazione dei gravissimi atti di violenza oggetto del procedimento".

La donna, in Italia da quando aveva 4 anni, mamma di due bambine, dopo sei anni di presunte vessazioni, botte e insulti, aveva denunciato l’uomo che era stata costretta a sposare. Un cugino a cui fu venduta dalla madre per 5mila euro, e che a suo dire l’avrebbe chiusa in casa, obbligata al sesso e a vestire abiti tradizionali. Un primo pm in precedenza voleva archiviare il procedimento, ma il gip dispose l’imputazione coatta culminata con la sentenza di assoluzione che causò clamore, quanto potranno causare discussione le motivazioni del ricorso.