Giallo di Marcheno, Bozzoli non è finito nel forno

L’anatomopatologa conferma: nessuna traccia dell’imprenditore trovata nelle scorie della fonderia. Si riparte dall’argine del Mella

L’anatomopatologa Cristina Cattaneo nella ditta di Marcheno

L’anatomopatologa Cristina Cattaneo nella ditta di Marcheno

Brescia, 28 aprile 2018 - Non è dentro il forno della fonderia che è stato fatto sparire il corpo di Mario Bozzoli. La conferma arriva dagli accertamenti fatti dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo sul forno della Bozzoli di Marcheno e sulle scorie di lavorazione sequestrate all’interno della fonderia, teatro della scomparsa dell’imprenditore svanito nel nulla nell’ottobre di tre anni fa e per il cui omicidio (e distruzione di cadavere) sono indagati due suoi nipoti, Alex e Giacomo Bozzoli e due ex operai dell’azienda, Oscar Maggi e il senegalese Aboagye “Abu” Akwasi. «Se il corpo fosse finito nel forno in questi due anni si sarebbero trovate delle tracce – osservano dalla Procura generale, che nelle scorse settimane ha avocato a sé sia l’indagine sulla scomparsa di Bozzoli sia quella sulla morte di Giuseppe Ghirardini, l’operaio scomparso una settimana dopo il titolare e trovato cadavere a 100 chilometri da Marcheno avvelenato dal cianuro –. L’attenzione va dunque spostata altrove. I risultati negativi dell’analisi su forno e scorie sono comunque un dato positivo».

La pista del forno come il luogo dove i presunti assassini avrebbero distrutto il corpo dell’imprenditore di Marcheno sembra definitivamente tramontata. Il cadavere di Mario Bozzoli potrebbe essere uscito dall’azienda attraverso il cancellino che dal complesso produttivo fa accedere alle rive del Mella. Da lì potrebbe essere stato portato in un vicino parcheggio e quindi caricato su un mezzo, forse un camion, che si sarebbe allontanato in tutta fretta. Un’ipotesi alternativa a quella seguita fino ad ora dall’inchiesta, per cui Mario Bozzoli non sarebbe mai uscito dall’azienda di cui era titolare insieme al fratello Adelio, padre di due degli indagati. A fiutare le tracce dello scomparso lungo l’argine del Mella erano stati i cani molecolari , che avevano individuato una pista che si interrompeva però all’improvviso.

Il punto sull’indagine è stato fatto ieri in Procura generale dopo che i tre consulenti tecnici (Cristina Cattaneo, un archeologo forense e un medico legale) hanno lasciato il settimo piano del palazzo di Giustizia al termine di un incontro iniziato alle 11 e durato un paio di ore. Il procuratore generale Pier Luigi Maria Dell’Osso e i sostituti Marco Martani e Silvio Bonfigli hanno incontrato ancora una volta gli investigatori. All’ordine del giorno l’analisi dei tanti documenti portati via dall’azienda di Bedizzole aperta da Adelio Bozzoli dopo la scomparsa del fratello. «La pista dei soldi è quella che va seguita per scoprire il movente dell’omicidio – continuano a sostenere dalla Procura – Dallo studio delle attività finanziarie e contabili dell’azienda possono arrivare le risposte sulla morte di Mario Bozzoli e su quella di Giuseppe Ghirardini, due vicende legate tra loro».