Marcheno, l’enigma lungo due anni: due morti ma la verità resta lontana

L’imprenditore svanito, l’operaio avvelenato. E un’indagine ferma

La Bozzoli di Marcheno è stata inghiottita nel mistero (Fotolive)

La Bozzoli di Marcheno è stata inghiottita nel mistero (Fotolive)

Marcheno (Brescia), 8 ottobre 2017 - I cancelli chiusi della Bozzoli. Immagine malinconica, quasi spettrale. Immagine simbolo del doppio enigma nella Valtrompia, di un silenzio pesante e prolungato, della lacerazione fra due famiglie. Mario Bozzoli, 50 anni, titolare della fonderia-raffineria con il fratello maggiore Adelio, si smaterializza la sera dell’8 ottobre del 2015, un giovedì, dopo una giornata di lavoro. Sei giorni più tardi la scomparsa di Giuseppe Ghirardini, uno dei tre operai in turno mentre Mario svanisce per essere ritrovato morto morto, avvelenato con il cianuro. In dicembre la procura di Brescia iscrive nel registro degli indagati tutti i presenti nello stabilimento quella sera di ottobre: Alex e Giacomo, i figli di Adelio Bozzoli, i dipendenti Oscar Maggi e il senegalese Aboagye (Abu) Akwasi. Ipotesi di reato omicidio volontario e distruzione di cadavere. Da allora solo l’abbraccio avvolgente del silenzio.

La vita di Mario Bozzoli inghiottita e arsa in uno dei due forni in funzione, temperatura di 1.200 gradi che vengono ridotti a 900 per farne uscire lingotti di ottone? Lo stabilimento di via Gitti è sequestrato e la produzione bloccata nella serata del 13 ottobre, dopo cinque giorni. All’esame del Ris i forni non hanno svelato presenza umana. E allora c’è l’antropologa forense Cristina Cattaneo che, incaricata dalla procura, cerca una traccia infinitesimale, un simulacro, forse un fantasma, in 300 sacchi, fra circa 50 tonnellate di scorie. Impresa immane, non ancora conclusa. Anche su questa grava il silenzio. A Bedizzole una campagna a distesa contende spazio ai capannoni industriali. Una struttura recente, un vasto cortile. La cancellata semovente si apre sulla nuova fabbrica di Adelio Bozzoli. Quando Mario si dissolve le scelte di lavoro dei due fratelli scorrono già su piani separati. Adelio pare stare di presidio, affiancato dal figlio Alex e da due amici.

Braccia forti di lavoratore, di sessantenne vigoroso, escono dalla T-shirt. Vorrebbe chiudersi nel silenzio, quando prorompe mescola rabbia e dolore. «Come devo dire che non abbiamo fatto niente? Questa storia ci ha rovinato, me e la mia famiglia, ci ha distrutto». Si commuove al ricordo della moglie Margherita, portata via mesi fa da un male impietoso. L’onda lunga della tragedia non ha smesso di sommergere i Bozzoli. «Si è ammalata per il dispiacere, per tutti i dispiaceri che ha avuto. Mi dice che la mia vita è qui? Le rispondo che la mia vita era a Marcheno. Sa cosa faccio la sera? Faccio un giro qua attorno e poi vengo a dormire in fabbrica». Un piccolo centro in collina, vista sul Garda. Una strada in salita. Una villa. Palme, lampioncini, piscina, prati curati, un cagnolino tranquillo. A Marcheno le due famiglie Bozzoli abitano, fianco a fianco, nella stessa strada. Questo è oggi il buen retiro di Irene Zubani, la moglie di Mario, la villa dei fine settimana, del riposo. Irene aspettava qui il marito, la sua telefonata alle 19.11, sono in ritardo, mi cambio e arrivo, la richiesta del telefono di un ristorante di Padenghe per una prenotazione effettivamente fatta. Apre Giuseppe, 21 anni, studente di economia e commercio, guance ombreggiate dalla barba, sorriso aperto. Si scusa, la mamma non c’è, lui sta dialogando su skype. Come avete risposto a quello che è accaduto? «La risposta è a Mazzano».

Molinetto di Mazzano. Il centro medico odontoiatrico intitolato a Mario Bozzoli. Era il suo grande sogno, in quell’ultimo giorno sorrideva, felice, perché il progetto procedeva spedito. È una realtà da settembre. Claudio, 28 anni, odontoiatra con studio a Montichiari, direttore sanitario. Giuseppe al lavoro in ufficio, quando è libero dagli impegni universitari. I due gruppi Bozzoli ricostruiscono le loro vite. Si sforzano di farlo. Su strade diverse. Divisi da un vallo che si apre il giorno dopo, quando la moglie di Mario denuncia la scomparsa ai carabinieri. Una denuncia che suona come un atto di accusa. L’accusa al cognato Adelio di avere “ostracizzato” Mario, di vietare agli operai di parlare con lui. I timori del marito. Per un paradosso voluto dalle circostanze i due cognati si ritrovano a confronto. Nel gennaio di un anno fa Irenze Zubani viene nominata curatrice della quota societaria del marito, il cognato continua a detenere il 50 per cento della Bozzoli. C’è un liquidatore, il professionista bresciano Giovanni Ricciardi, che dopo mesi di sforzi può solo prendere atto della impossibilità di trovare un accordo fra i soci e di individuare un investitore che rilevi l’azienda. Impossibile salvare la Bozzoli. Una fine annunciata, temuta, rimandata e alla fine ufficiale a fine settembre del 2016: licenziati tutti i sedici dipendenti, diritto fino a due anni al Naspi (Nuova assicurazione sociale per l’impiego), la vecchia indennità di disoccupazione. Nel mese di luglio di quest’anno fabbricato, macchinari, impianti industriali, vengono aggiudicati all’asta immobile per 4,5 milioni di euro, ben superiore alla base di 3,4 milioni. Per la felicità dei creditori. I cancelli chiusi della Bozzoli. Come a proteggere un mistero.