
Omicidio via Cefalonia, la scena del crimine
Brescia, 10 febbraio 2015 - Ha guadagnato solo un piccolo sconto di pena di un anno Viktor Chobotar, il 47enne ucraino che una sera di novembre del 2012 uccise a coltellate un connazionale il quale gestiva con sistemi da “caporale” l’affitto dei posti letto per disperati all’interno di un appartamento in centro città. La corte d’assise d’appello – presidente Enrico Fischetti - nei giorni scorsi ha parzialmente riformulato la condanna inflitta in primo grado all’imputato – 16 anni – infliggendone 15. L’omicidio risale all’8 novembre di tre anni fa, e fu compiuto nei giardinetti tra via Rizzo e via Cefalonia a Brescia Due, nel piazzale del supermercato Simply, dove senzatetto e indigenti abitualmente attendono l’orario di chiusura del market per contendersi il cibo scaduto dismesso dagli addetti alla vendita. Chobotar, reo confesso e arrestato nel giro di 24 ore, per sua stessa ammissione sapeva di trovare laggiù Oleksiy Kurazon, 65 anni, l’uomo che intendeva ammazzare.
«L’ho ucciso perché aveva buttato fuori casa la mia fidanzata accusandola di bere e creare problemi. In realtà lui la corteggiava e lei lo ignorava, così si è vendicato” è la giustificazione che ha sempre addotto. Fama da arrogante, maniere strafottenti, la vittima non era certo benvoluta nella piccola comunità degli ucraini. Viveva affittando letti in casa sua nel quartiere Carmine a 150 euro al mese, e a differenza di molti – il suo assassino, per esempio - era in regola con i documenti. Chobotar, povero in canna e già noto alle forze dell’ordine per avere rapinato un senzatetto di una coperta, quella sera d’autunno decise di fare giustizia una volta per tutte eliminando l’odioso padrone di casa. Sapeva di trovarlo davanti al supermercato Simply perché laggiù Kurazon cercava nuovi inquilini, facendosi pubblicità proprio tra la piccola folla di disperati che alle 19.45 si apposta vicino ai cassonetti davanti al supermercato. Il killer arrivò sul posto in bicicletta, completamente ubriaco, con il coltello in tasca. Appoggiata la bici e avvistato l’obiettivo, Chobotar innescò subito il litigio. Cominciarono a volare pugni, schiaffi, spintoni sotto gli occhi spaventati dei connazionali tra cui si scatenò il fuggi-fuggi.
Alla fine il 65enne finì a terra, ferito da cinque coltellate, e non fece nemmeno in tempo a raggiungere l’ospedale perché morì in ambulanza. L’assassino dal canto suo si allontanò rapidamente. Gettò il coltello in un cestino della spazzatura, si liberò della tracolla che indossava chiazzata di sangue, si disfò del giubbotto e dei pantaloni macchiati e poi girovagò tutta notte. La sua fuga però durò poche ore. Il giorno seguente infatti la squadra Mobile lo avvistò su una panchina di via Milano e lo portò in carcere. Processato il 14 aprile 2014 in abbreviato, Chobotar è stato condannato a 16 anni. Il gip oltre allo sconto dovuto al rito, ha concesso l’equivalenza tra attenuanti generiche e aggravanti. Un verdetto sostanzialmente confermato, se non per uno sconto di 12 mesi.