BEATRICE RASPA
Cronaca

Crollo della croce di Job, condanne confermate: "Dovevano evitare i pericoli"

Le motivazioni delle condanne per l'incidente in cui morì il 21enne Gusmini

L'opera dopo il crollo

Brescia, 16 febbraio 2021 - «Gli imputati erano perfettamente a conoscenza che la Croce insisteva su suolo aperto al pubblico e avevano l’obbligo di provvedere alle verifiche e alle manutenzioni perché non si verificassero pericoli e incidenti, per cui sussiste il nesso di causalità tra la condotta omissiva, il crollo e l’evento morte". In 33 pagine la Corte d’appello – presidente Eleonora Babudri – motiva la sostanziale conferma delle condanne inflitte al presidente dell’associazione Croce del Papa, Marco Maffessoli (un anno e quattro mesi anziché due) e al consigliere del direttivo Bortolino Balotti (sette mesi anziché nove). Era il 24 aprile 2014 quando la Croce di Job, progettata dall’omonimo astista per omaggiare papa Woityla in visita a Brescia e issata sul Dosso dell’Androla,si spezzò.

L’opera volò addosso a Marco Gusmini, 21enne di Lovere con qualche difficoltà motoria, in gita a Cevo con il grest, uccidendolo. Il legno era marcio, conclusero i consulenti. Dall’installazione, nel 2005, non fu fatto alcun intervento manutentivo serio. Gli avvocati Gianluca Venturini e Claudia Romele avevano stigmatizzato l’esclusiva competenza di tali interventi in capo all’associazione, insistendo la Croce su un terreno del Comune, senza tener conto che collocare temporalmente il degrado è controverso. Ma per la Corte questo "non elide la responsabilità di coloro che dovevano a maggior ragione preoccuparsi delle condizioni del manufatto, e farsi carico di controlli e verifiche...tenuto presente le notevoli dimensioni, forma e peso dell’opera, la piena esposizione agli agenti atmosferici e le frequentazioni di pellegrini". L’obbligo gravava sull’associazione "da statuto". L’associazione aveva gestito non solo la valorizzazione ma anche di aspetti pratici, tra cui l’unico, incompleto, intervento del 2008 (verniciatura a catramatura). Men che meno appare condivisibile che il consiglio fosse privo di competenze specifiche: "ai membri si chiedeva solo di incaricare tecnici esperti e qualificati".

Maffessoli sostenne di aver fatto molto per la Croce. Non abbastanza, hanno concluso i giudici (che non gli hanno concesso le generiche avendo l’imputato precedenti per reati fiscali e bancarotta): ha "totalmente trascurato di attivarsi per la manutenzione, un compito primario". E anche Balotti non merita l’attenuante del minimo apporto nel reato: "il potere decisionale non era in capo al solo presidente, ma promanava dalle volontà espresse collegialmente dal consiglio".