Caso Yara, i 9mila euro di scuse a Fikri: "Una presa in giro, io ho perso tutto"

«Signor Fikri, contento dei novemila euro che le arriveranno per i tre giorni di ingiusta detenzione che ha patito? Le risposte del giovane marocchino, finito invischiato nelle indagini sulla morte di Yara Gambirasio per una traduzione sbagliata, arrivano fluide, infiorettate da frequenti «porco cane». «Contento? Non ne so niente. Non ho visto ancora niente» di Gabriele Moroni

Mohamed Fikri (DePascale)

Mohamed Fikri (DePascale)

Bergamo, 3 ottobre 2014 - "Signor Fikri, contento dei novemila euro che le arriveranno per i tre giorni di ingiusta detenzione che ha patito?" L’italiano di Mohamed Fikri è molto migliorato. Le risposte del giovane marocchino, finito invischiato nelle indagini sulla morte di Yara Gambirasio per una traduzione sbagliata, arrivano fluide, infiorettate da frequenti «porco cane». «Contento? Non ne so niente. Non ho visto ancora niente».

La notizia è sui giornali: le spettnao novemila euro. «Non ne so niente. Devo parlare con il mio avvocato».

Novemila euro sono pochi o tanti? «Se è vero, è un presa in giro».

Perché? «Solo quella volta che mi hanno preso in mare, mentre ero sulla nave con la mia macchina e andavo in Marocco, avevo speso tremila euro. Ne ho spesi ventimila, forse di più, per tutte le volte che ero in Marocco e mi chiamavano per andare in tribunale. Prendevo l’aereo e tornavo. Dopo che sono uscito dal carcere sono rimaso in giro per venti giorni. È una presa in giro».

Novemila euro sono troppo pochi? «Dico solo questo. Mi hanno accusato di omicidio. Ho perso il lavoro e tre anni della mia vita. Mi hanno distrutto».

Insomma, li accetta o no? «Devo prima sentire il mio avvocato».

È il 4 dicembre del 2011. Yara Gambirasio è ancora una ragazzina di 13 anni scomparsa all’uscita dal centro sportivo di Brembate di Sopra. Mohamed Fikri finisce in carcere per omicidio. Il 7 dicemebre viene scarcerato su richiesta del pubblico ministero Letizia Ruggeri. Dopo quattro traduzioni si era appurato che in una telefonata intercettata il muratore non diceva «Allah, perdonami, non l’ho uccisa io», ma «Allah, fa che risponda» riferita alla telefonata che stava facendo alla moglie di un suo debitore. L’odissea di Fikri dura 980 giorni. Dall’accusa di omicidio si passa a quella di favoreggiamento. Sono necessarie quattro udienze e sedici traduzioni di quella frase perché, nell’agosto del 2013, il fascicolo venga definitivamente archiviato perché il fatto non sussiste. Adesso la Corte d’Appello di Brescia ha stabilito che novemila euro sono la cifra che gli spetta per quei tre giorni di ingiusta carcerazione (anche se la richiesta di Fikri sarebe stata molto più elevata). Il 14 ottobre si discuterà al tribunale del Riesame di Brescia il ricorso presentato dai difensori di Massimo Bossetti, il muratore di Mapello in carcere per l’omicidio di Yara, contro l’ordinanza con cui il gip di Bergamo, Vincenza Maccora, aveva respinto l’istanza di scarcerazione. Gli avvocati Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni ritengono che si debba ridiscutere per prima quella che per l’accusa è la prova regina: il Dna di Bossetti sugli induenti di Yara.

gabriele.moroni@ilgiorno.net