FRANCESCO DONADONI
Cronaca

Uccide il padre e accoltella la madre, poi il delirio davanti ai vicini: "E' tutta colpa loro"

Nembro, dopo la furia omicida il 35enne si calma e telefona alla sorella Chiara. Nel palazzo di via Rossini arrivano i carabinieri e la Scientifica. Matteo viene medicato e portato in carcere

Un carabiniere nella casa di Nembro e la vittima Giuseppe Lombardini

Un carabiniere nella casa di Nembro e la vittima Giuseppe Lombardini

Nembro (Bergamo), 29 ottobre 2023 – È sabato sera. Ora di cena: mancano dieci minuti alle 20. Al terzo piano del condominio al civico 10 G di via Rossini, a Viana, frazione di Nembro, sta accadendo qualcosa. Una discussione violenta trasformata in un litigio finito nel sangue, si capirà dopo. Uno dei vicini, Giorgio Pulcini, che abita al piano di sotto, sente dei rumori “come degli oggetti scaraventati sul pavimento. E poi delle grida, urla che provenivano da sopra. Allora sono salito all’appartamento dei Lombardini e ho capito la provenienza di quel baccano”.

Ha appena fatto a tempo ad aprire la porta d’ingresso che si è imbattuto in Maria Angela Stella, 67 anni: era appoggiata alla parete, perdeva sangue dalla schiena. Più in la, quasi nascosto, un coltello. La donna ha urlato: "Aiutatemi, chiamate i soccorsi, presto!”. È solo una prima scena di quella che potrebbe essere una tragedia annunciata. Già, perché il bilancio è ancora più grave: in cucina, come scoprirà una seconda vicina – un’operatrice sociasanitaria colombiana che si occupa di un pensionato di 95 anni – c’è disteso a pancia in su anche il marito di Maria Angela, Giuseppe Lombardini, 72 anni, pensionato, ex dipendente della Bas (Bergamo ambiente e servizi: lavorava all’ufficio personale). L’uomo, testa sporca di sangue, era stato accoltellato a morte con la stessa lama usata per ferire la moglie.

Ad armare la mano e accanirsi contro i genitori Matteo, 35 anni, un figlio problematico, con problemi psichiatrici. Una decina di anni fa aveva già tentato di accoltellare il padre. In quella circostanza lo aveva “solo" ferito, ma tanto era bastato perché il padre presentasse denuncia ai carabinieri, poi ritirata. Un figlio problematico, si diceva, con un passato in una casa di cura fino al 2009, poi seguito da uno psichiatra. Viveva con i genitori. Attualmente lavorava in una in cooperativa, come ha ricordato don Belotti. “Il padre lo conoscevo, frequentava la parrocchia, veniva a messa tutte le sere alle 18. Ma non sapevo nulla del figlio e dei suoi problemi”. Sabato sera Matteo, dopo aver ammazzato il padre e ferito la madre (la donna è ricoverata al Papa Giovanni XXIII in prognosi riservata: è stata operata e se la caverà), alla vicina, ha detto: “Non basta un’ambulanza, ne serve un’altra”.

Voleva essere un indizio, e solo così è stato scoperto il corpo privo di vita di Giuseppe Lombardini. "E stata colpa loro, tutta colpa loro”, frasi che Matteo ha detto alla vicina mentre lo stava tranquillizzando. “Ad un certo punto – racconta la vicina – la mamma di Matteo mi ha detto di chiamare l’altra figlia Chiara, 30 anni, che non abita in via Rossini. È stato lo stesso Matteo a prendere il telefono e comporre il numero della sorella che ha parlato con la madre. Si era calmato, ma continuava a ripetere che era tutta colpa loro”.

Matteo Lombardini si rifugia in cucina, appare distante da quello che è successo. La vicina chiama i soccorsi, prima il 118, e in via Rossini in pochi minuti arrivano un paio di ambulanze. Il personale sanitario sale fino al terzo piano del condominio e si imbattono nella mamma, solo dopo nel corpo del padre già privo di vita. Arrivano anche i carabinieri del Nucleo operativo di Bergamo, e i colleghi della Scientifica. Matteo Lombardini, che si era ferito alle mani (forse nel ripulire il coltello) viene medicato al Pronto soccorso e poi condotto in carcere con l’accusa di omicidio del padre e di tentato omicidio della madre. Lunedì verrà sentito dal pm di turno.