Azzano, ragazzi travolti e uccisi: una notte di bugie

Reticenti gli amici delle vittime. E anche l’investitore non convince

Luca Carissimi e Matteo Ferrari

Luca Carissimi e Matteo Ferrari

Bergamo, 9 agosto 2019 - Nelle due ricostruzioni, quella della Procura e quella emersa durante l’interrogatorio di convalida di Matteo Scapin, ci sono alcuni elementi incontrovertibili. Cristallizzati. Li ripercorre anche l’ordinanza. L’approccio non gradito alla fidanzata del 33enne di Curno, da mercoledì sera ai domiciliari a casa della mamma, la discussione verbale tra Luca Carissimi e Scapin, dentro la discoteca Setai, a Orio al Serio, la lite fuori dal locale da parte di un gruppo di ragazzi che hanno aggredito il 33enne (ha un grosso livido sul fianco destro), il lunotto posteriore della sua Mini Cooper infranto.

Episodi che messi assieme «possono destabilizzare una persona». Il resto è dolore. Tanto che riguardo un possibile incontro con la famiglia di Matteo Scapin il papà di Luca, Marco Carissimi ha detto:« Io capisco il dolore che provano per il pesante fardello che devono portare. Però ora no è troppo presto». La domanda  è: voleva uccidere i due ragazzi, Luca Carissimi e Matteo Ferrari, sbalzati dalla Vespa dopo essere stati “toccati” sulla Cremasca, a Azzano San Paolo? Il dubbio del giudice, alla luce delle dichiarazioni di Scapin, delle telecamere e delle testimonianze, è che potrebbe essere andata come ha raccontato il giovane. Un dubbio, certo, ma fondamentale per la riqualificazione da duplice omicidio volontario a omicidio stradale con l’aggravante dell’omissione di soccorso. A livello di pena anche nella seconda ipotesi si può arrivare fino a 27 anni di carcere.

Nella ricostruzione degli inquirenti, la Mini Cooper con Scapin e la fidanzata avrebbe stretto repentinamente a destra speronando di fatto la Vespa con Luca e Matteo. Una manovra volontaria? Sì, per l’accusa alla luce anche delle testimonianze. La polizia stradale sostiene che l’auto sia finita contro la moto per speronarla. Un tamponamento volontario, con l’intenzione di uccidere. Intenzione, quella del 33enne, sostenuta anche dagli amici di Luca e Matteo. Ma sull’attendibilità della versione fornita il gip sembra avere delle riserve. Gli amici sarebbero stati reticenti sulla questione del lunotto, il loro racconto presenterebbe punti poco chiari. Ci sono anche alcuni aspetti che ha fornito Scapin durante l’ora è mezza in cui ha parlato (assistito dai difensori, avvocati Riccardo Tropea - sostituito dal padre Marco - e Anna Marinelli), che non sono sembrati così convincenti. Nonostante le immagini mostrino la Mini Cooper fare un sobbalzo dopo l’urto con la Vespa, il 33enne avrebbe riferito di essersi reso conto dell’incidente una volta arrivato a casa. Era nel panico e sotto l’effetto di alcol. Prima c’era stata la rottura del lunotto («Ho sentito una esplosione, ho visto i fari di una moto e di un’auto dietro, la mia fidanzata urlava, ho anche pensato a un colpo di pistola»).

Una volta a casa il giovane ha chiamato al telefono la madre, poi il 113, infine il 112, a dimostrazione, secondo la difesa, di totale confusione. La procura ora attende di valutare le motivazioni dell’ordinanza prima di decidere una eventuale impugnazione. Intanto oggi sono in programma le autopsie sui due corpi, e la perizia cinematica affidata all’ingegnere Paolo Panzeri. Un atto, anche queest’ultimo, non ripetibile. Accertamento che serve per capire la traiettoria della Vespa 125 sui cui viaggiavano Luca e Matteo, come si è mossa e a quale velocità la Mini Cooper. Un tassello importante per la ricostruzione della terribile tragedia.