Gabriele Moroni
Cronaca

Omicidio Lidia Macchi, slitta di 3 mesi l’udienza per il risarcimento di Stefano Binda

Condannato in primo grado all'ergastolo, era stato assolto con formula piena per non avere commesso il fatto in Appello e l'assoluzione era stata resa definitiva dalla Suprema Corte

Stefano Binda e nel riquadro Lidia Macchi

Stefano Binda e nel riquadro Lidia Macchi

Milano, 8 marzo 2023 –  Slitta di tre mesi (dal 9 marzo al 9 giugno) l'udienza in Cassazione sull'opposizione della Procura generale di Milano al risarcimento a Stefano Bida per ingiusta detenzione.

Nel mese di ottobre dello scorso anno la quinta sezione civile della Corte d'appello di Milano aveva accolto la richiesta di risarcimento avanzata dal 55enne di Brebbia per i 1.286 giorni trascorsi in carcere con la terribile accusa di essere il predatore assassino di Lidia Macchi, la studentessa di Varese trucidata con ventinove coltellate la sera del 5 gennaio 1987, nella zona di Cittiglio.

Condannato in primo grado all'ergastolo, Binda era stato assolto con formula piena per non avere commesso il fatto in Appello e l'assoluzione era stata resa definitiva dalla Suprema Corte. Completamente scagionato, gli era stato riconosciuto un risarcimento di 303.277,38 euro.

Il ricorso in Cassazione è stato firmato dal sostituto pg Laura Gay. La richiesta agli "ermellini" romani è quella di dichiarare che i giudici di Milano hanno sbagliato nell'interpretare la legge che prevede l'indennizzo nei casi in cui la persona interessata non abbia concorso al suo erroneo arresto con propri comportamenti anche colposi.

Non si tratta (è il punto centrale dell'opposizione) di entrare nel merito, definitivo dopo i tre gradi di giudizio. Si deve invece valutare se il comportamento tenuto da Binda (che si è avvalso a più riprese della facoltà di non rispondere) possa essere stato un elemento su cui si è fondata la misura di custodia cautelare.  Secondo la Procura generale "con i suoi silenzi" Binda "avrebbe contribuito all'errore sulla sua carcerazione".

In una memoria di una decina di pagine il legale di Binda, l'avvocato Patrizia Esposito, ribatte punto su punto. Non ci sono stati da parte di Binda un solo comportamento, una sola circostanza, che possano aver "spinto" l'emissione del provvedimento restrittivo e il suo mantenimento. Binda ha sempre risposto “sia prima sia in seguito, durante il processo”, quando la misura cautelare era ancora in corso.