REDAZIONE VARESE

Il farmaco risultato salvavita: "Fondamentale l’esperienza col Centro malattie rare"

Legnano, il dottor Mazzone che dirige il dipartimento area medica dell’Asst spiega come lui e la sua equipe hanno curato con successo una donna di 42 anni.

Il farmaco risultato salvavita: "Fondamentale l’esperienza col Centro malattie rare"

Sta avendo molta eco la scelta adottata dalla divisione di Medicina dell’ospedale di Legnano, diretta da Antonino Mazzone, di utilizzare su una quarantaduenne affetta da una malattia rara, che aveva interessato il sistema immunitario, un farmaco, l’Emapalumab, non ancora approvato in Europa. "Diciamo che, in questo caso, abbiamo avuto fortuna... purtroppo in medicina non è sempre così", ammette Mazzone, direttore del dipartimento area medica dell’Asst Ovest Milanese. In quale contesto avete operato? "La signora aveva 2 malattie immunologiche molto importanti, la malattia di Chron e la polimiosite. L’abbiamo presa in cura dopo che inizialmente era stata ricoverata in Ematologia, perché si pensava fosse una malattia ematologica. Quando è stata ricoverata aveva la febbre elevata. Non aveva nè globuli bianchi nè piastrine, nè la coagulazione, in sostanza una forma acuta di anemia". "La situazione era molto grave. Rischiava la vita. Le frequenti emorragie, con la formazione di trombi, rappresentano una delle maggiori emergenze". Come l’avete affrontata? "Avendo noi un centro di malattie rare abbiamo esperienza su farmaci per talune patologie. In particolare l’eculizumab che blocca l’attività del complemento e migliora la coagulazione, e che ci ha permesso di stabilizzare la paziente. Nel frattempo avevo letto uno studio del prof Locatelli dell’ospedale Bambin Gesù di Roma, che conosco personalmente, sul New England Journal of Medicine, che, dopo un primo caso del 2019 in cui venne curato un bambino da Londra, ha studiato l’uso di questo anticorpo monoclonale su 25 pazienti. Non solo bambini. C’era, tra questi, una persona di 25 anni. Ho pensato che forse valeva la pena di provarlo anche su questa donna". Come ha potuto avere il farmaco? "Mi sono confrontato con le dottoresse Paola Faggioli e Liana Bevilacqua Trial office Asst che gestisce il rapporto coi comitati etici su come ottenere il farmaco. Il Comitato ha risposto presto e abbiamo potuto contattare l’azienda svedese che produce il farmaco, la Sobi. La risposta positiva e il farmaco ci è stato donato. Era un rischio per loro e per noi". È iniziata subito la cura. "Già dalla prima somministrazione avevamo notato miglioramenti. Alla 3ª la coagulazione s’è normalizzata. Iniziò a stare bene e l’abbiamo dimessa dopo 70 giorni".Giovanni Chiodini