Il chitarrista dei Genesis Steve Hackett a Milano: c'è voglia di prog

Sul palco del Lirico porta la versione integrale di “Foxtrot“: "Ogni sera miglioro..."

Steve Hackett il 16 novembre al Lirico Gaber e il 19 al Galleria di Legnano

Steve Hackett il 16 novembre al Lirico Gaber e il 19 al Galleria di Legnano

Milano -​ Cinquant’anni e trentasette giorni. Ne è passato di tempo da quel 6 ottobre 1972 in cui i Genesis dettero alle stampe “Foxtrot”, aprendolo con la “Watcher of the skies” scritta da Tony Banks e Mike Rutherford sulla terrazza dell’Hotel Domitiana di Napoli durante il tour di “Nursery Crime”. John Pebble, Mark Hall, Mrs Barrow, Willow Farm, Kanut the Great e tutti gli altri personaggi imprigionati tra i solchi di quel quarto album ammantato di leggenda, infatti, tornano a soffiare lontani i sogni e le visioni di “Foxtrot at Fifty + Hackett Highlights” lo show concepito su uno dei capolavori assoluti del prog che il chitarrista Steve Hackett offre il 16 novembre al pubblico del Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano e il 19 al Galleria di Legnano.

Hackett, lei focalizza il meglio della sua produzione solista nella prima parte dello spettacolo per poi passare all’esecuzione integrale di “Foxtrot” nella seconda. Con quale reazione?

"Ottima direi. Ho lavorato con cura sui suoni e mi piace l’idea di renderli ogni sera migliori di quella prima. Preparando lo spettacolo mi sono reso conto, infatti, che le canzoni di ‘Foxtrot’ col passare del tempo suonano sempre meglio. Questo grazie alla buona scrittura e a quella vena di romanticismo capace di sedurre oggi come cinquant’anni fa, due caratteristiche che gli hanno permesso di mantenersi vive nei ricordi della gente".

Questo tour rappresenta un po’ il punto d’arrivo di un periodo frenetico per lei.

"Effettivamente, penso che questi ultimi due siano stati gli anni più impegnativi della mia carriera. Prima ho pubblicato il live del tour di ‘Selling England by the pound’ registrato nel 2019 all’Hammersmith Eventim Apollo. Poi sono arrivati l’album acustico ‘Under a mediterranean sky’ e, durante il lockdown, ‘Surrender of silence’. Non avendo la valigia sul letto come mi capita di solito, ho avuto tempo pure di finire, e pubblicare, l’autobiografia ‘A Genesis in my bed’".

Tornando a quel 1972, inserire nella seconda facciata di “Foxtrot” una suite di oltre 22 minuti vi accollaste una bella responsabilità.

"Sì e ancora oggi ‘Supper’s ready’ riserva sorprese. Anche se allora c’era Peter Gabriel lì davanti coi suoi travestimenti, era un brano corale, ricco di pathos e perfino d’umorismo. Tutti elementi che manteniamo in questa nostra rivisitazione".

Che impressione le ha fatto l’ultima reunion dei Genesis?

"Positiva. Anche se io ero impegnato coi miei live e non sono potuto intervenire ad alcuno degli spettacoli. Quel tour forse è stato l’epilogo dei Genesis, mentre per quanto mi riguarda il giro di concerti con cui mi preparo a tornare in Italia è un nuovo inizio. E poi, pure io con questo show onoro i Genesis, la loro grande eredità, perché lo spirito della band di allora mi coinvolge ancora molto. Amo, infatti, l’idea del viaggio e la possibilità di mettere a confronto passato e presente, anche per mostrare allo spettatore con la forza della musica da dove sono partito e dove sono arrivato".

Da chitarrista, qual era cinquant’anni fa il suo riferimento?

"L’olandese Jan Akkerman. Un maestro rimasto tale".